Alfio Quarteroni, il miglior matematico d’Italia: "Ho scelto l’università per sfida, ho sempre lavorato con gioia"

Lodi, il professore 72enne ha insegnato nelle facoltà di tutto il mondo. Da agosto guida la Fondazione Comunitaria: "Non era una carriera progettata. Ho avuto tanto nella vita, ora è giusto restituire"

Alfio Quarteroni, 72 anni

Il matematico lodigiano Alfio Quarteroni, 72 anni

Lodi – È uno dei più eccellenti scienziati italiani e mondiali nel campo della matematica. Secondo la classifica “Top Mathematics Scientist 2022” è addirittura il primo in Italia, il quinto in Europa e quarantottesimo nel mondo. Alfio Quarteroni, 72 anni, vive a Lodi. Dopo essersi laureato in Matematica all’Università di Pavia, ha insegnato Analisi numerica nell’ateneo di Brescia fino al 1989, poi al Politecnico di Milano dove è rimasto sino al novembre 2017. Dal 1990 al 1992, è stato professore ordinario di Matematica nell’Università del Minnesota a Minneapolis (negli Usa). Dal 1998 al 2017 è stato anche professore e direttore della cattedra di Modellistica e Calcolo Scientifico presso la scuola politica federale di Losanna. Nel 2002 ha inoltre fondato il “MOX”, Laboratorio di Modellistica e Calcolo Scientifico del Politecnico di Milano e ne è stato primo direttore sino al novembre 2022. In carriera è stato relatore di tesi di 70 allievi di dottorato e di oltre 200 studenti di laurea magistrale in diversi Paesi, è autore di 24 libri, editor di 12 libri, autore di oltre 400 articoli e presentazioni a congressi. I campi di ricerca nei quali si è distinto nel mondo sono la modellazione matematica, l’analisi numerica e il calcolo scientifico. Tra i tanti traguardi ha guidato il team che ha creato la forma della barca di Alinghi che ha partecipato alla America’s Cup vincendo le edizioni del 2003 e 2007. Papà di due figlie e nonno di tre nipoti ora è in pensione, ma prosegue la sua attività partecipando a eventi e conferenze internazionali, tenendo corsi di dottorato negli Stati Uniti e facendo ancora ricerca. Dall’agosto scorso inoltre ha assunto la carica di presidente della Fondazione Comunitaria della Provincia di Lodi.

Professore, lei è originario di Ripalta Cremasca. Come è diventato lodigiano?

"Avevo conosciuto mia moglie, originaria di Soresina, durante gli anni da studente all’università a Pavia. Poi lei, una volta diventata medico, è diventata vice primario all’ospedale di Lodi. Io insegnavo a Brescia e così abbiamo deciso di fare base a Lodi".

Quando le è scoppiata (se le è scoppiata) la passione per la matematica?

"Non è stato nulla di premeditato. Diciamo che a Ragioneria ero bravo un po’ in tutte le materie e arrivato al diploma i miei professori mi hanno “obbligato” a continuare gli studi. A quel punto ho scelto la facoltà di Matematica perché volevo mettermi alla prova il più possibile, era la materia che conoscevo di meno e mi affascinava di più. Alla fine devo dire che è stata un’ottima scelta, ma nella mia vita potevano essercene anche altre. Ad esempio a me piaceva tantissimo l’Economia alle superiori e sono convinto che avrei potuto avere anche un’ottima carriera in quell’ambito".

Studiando però la Matematica cosa scoprì?

"Che non è così arida come tutti sono portati a pensare, che c’è molta astrazione e molto spazio per la fantasia. Certo, sempre seguendo costruzioni rigorose e logiche mi rendo conto che non c’è limite all’immaginazione per i suoi ambiti di applicazione e che c’è un forte impatto sulla vita reale. Dopo la prima fase di formazione sulla “matematica pura” sono arrivato alla “matematica del fare” ed è stato lì che ho trovato la mia piena realizzazione, riportandomi anche alle mie origini familiari e al mondo contadino da cui provengo. Ciò che poi mi ha indirizzato per tanti anni successivi è il voler essere attore e protagonista: io durante le mie lezioni e conferenze non parlo della Matematica in generale, ma della Matematica che ho creato io".

Lei ha insegnato all’università in Italia, in Francia, negli Stati Uniti e in Svizzera. Quali le differenze principali?

"Ci sono ovviamente tante differenze, sono modelli differenti. Quello che mi sento di dire è che il valore dei nostri studenti è molto alto, i nostri giovani a livello di preparazione si fanno onore in tutto il mondo. Mi riferisco ovviamente a quel 15% o 20% di allievi migliori: hanno una formazione di altissimo livello. Ciò che manca in Italia è la fase successiva, ossia le opportunità di lavoro e di crescita che permetterebbero loro di restare nel nostro Paese. Così sono costretti ad andare all’estero e a non tornare più. Così il Paese non cresce come potrebbe ed è un grosso danno. Avere degli studenti bravo poi è di stimolo anche per i docenti, lo provo tuttora sulla mia pelle".

Lei prosegue quindi la sua attività di insegnamento?

"Sì, tengo ancora corsi di dottorato al Politecnico di Milano e in Maryland, negli Stati Uniti. Inoltre il prossimo anno ne dovrei aggiungere anche un altro in una diversa località statunitense".

Il mese scorso, al Festival della Scienza di Genova, ha presentato “iHeart”, il primo modello di cuore matematico creato da un team da lei guidato. Come vi è venuta questa idea e che utilizzi può avere?

"A Genova ho parlato del cuore matematico durante la lectio magistralis di apertura di questo festival che è uno dei più importanti a livello mondiale ed è stata un’ottima occasione. “iHeart” è il risultato di un percorso avviato sette anni fa e a cui tengo molto. Consente anche ai medici di capire meglio la fisiologica cardiaca che è molto complicata e di trattare patologie specifiche suggerendo terapie e interventi. Ha uno spettro di utilità molto ampio"

Da agosto è diventato anche presidente della Fondazione comunitaria di Lodi. Come mai ha accettato?

"Non ho potuto resistere a una serie di forti pressioni esterne. Anche in questo caso non c’era premeditazione. A parte gli scherzi mi è stato chiesto da persone che stimo molto e ho deciso di accettare anche come nuova sfida da affrontare. Più conosco la Fondazione e più capisco quanto sia una realtà importante per il territorio e che opera senza condizionamento di sorta e seguendo solo il principio del merito con l’obiettivo di ricercare il benessere della comunità. Per me è una responsabilità importante. Mi costringe a dedicare più tempo di quello che avevo messo in preventivo ma è giusto così: io ho ricevuto tanto nella vita ed è giusto che uno restituisca in qualche forma. Questa mi pare la forma confezionata su misura per me. In fondo ho passato la mia vita a valutare persone e progetti solo sulla base del merito nel modo più onesto e - spero - intelligente possibile. Adesso continuo a farlo".

Come vive a Lodi uno scienziato di fama internazionale come lei?

"Per molti anni sono riuscito a mimetizzarmi benissimo. Poi, da quando nel 2006 ho ricevuto il Fanfullino d’Oro, sono diventato un po’ più noto ma trovo comunque grande rispetto da parte delle persone. La mia poi è una professione particolare, sicuramente non comune e difficile da comprendere e ciò aiuta. E io devo dire che io l’ho sempre svolta con grande gioia".