ANNA MANGIAROTTI
Vivere Lodi

Il favoloso mondo di Giulia. Un’azienda agricola a 32 anni: "La campagna non tradisce. E noi donne siamo sempre più"

Quinta generazione di imprenditori, innamorata del suo lavoro e con la testa rivolta al futuro "Mi sono spostata altrove solo per studiare Scienze Agrarie a Milano. Ma come pendolare...".

Quinta generazione di imprenditori, innamorata del suo lavoro e con la testa rivolta al futuro "Mi sono spostata altrove solo per studiare Scienze Agrarie a Milano. Ma come pendolare...".

Quinta generazione di imprenditori, innamorata del suo lavoro e con la testa rivolta al futuro "Mi sono spostata altrove solo per studiare Scienze Agrarie a Milano. Ma come pendolare...".

Inimitabile, la campagna della Bassa Lodigiana. Non assomiglia a nessun’altra. Uguale a se stessa in ogni parte e quietamente felice. "Allarga il cuore – scrivevano illustri reporter più di sessant’anni fa – e mantiene tutte le sue promesse, per chi sappia penetrarne i segreti". Tuttora.

Basta recarsi a Borgo San Giovanni e conoscere la trentaduenne Giulia Baronchelli.

Esponente della quinta generazione?

"Sì, il mio trisavolo era sceso nel 1891 da Nasolino (Valseriana), a fare il casaro. Poi bisnonno, nonno, papà... ad alternarsi, sempre i nomi Giovanni e Giuseppe. Rimasta legata alla terra, oggi, sono io. Mio fratello, che ha studiato Economia e vive e lavora a Londra, mi aiuta nell’attività pubblicitaria e marketing".

Un tempo, in queste campagne, le donne si vedevano semmai in bicicletta portare la colazione a fratelli e mariti sparsi nelle fabbriche, di cui si scorgevano appena i fumaioli in gara con i pioppi.

"Siamo tante donne, giovani, ormai ad occuparci di agricoltura. All’Istituto Tosi di Codogno, eccellenza lodigiana e lombarda per la formazione del settore agrario, il 50 per cento del corpo studentesco oggi è costituito da allieve. Una “mosca bianca“ invece era ancora considerata una zia, moglie di un cugino di mio padre".

Ma papà Giuseppe non le ha sconsigliato questo lavoro così duro?

"Certo: “Sputerai sangue! Un anno guadagni - mi ha detto - e un anno perdi. Ma fai quello che ti piace. Così il lavoro diventa un passatempo“. E mi ha lasciato carta bianca. A me piace troppo vivere in cascina. Neppure in paese andrei ad abitare...".

Neppure una distrazione sogna una ragazza?

"Per evadere, ho il mio cavallo. Un viaggio Oltreoceano, nel 2014, l’ho fatto a Madison, nel Wisconsin, negli Stati Uniti. Dove si tiene annualmente il World Dairy Expo sulla morfologia degli animali: la fiera più importante al mondo per l’industria lattiero-casearia, esposizione delle migliori razze bovine da latte e delle tecnologie più avanzate".

Lei vive qui, nella tipicamente lombarda Cascina Ca’ dell’Acqua, che ha la grazia, appunto inimitabile, del mattone rossiccio, magnificamente conservata, con un mulino d’epoca ad acqua. Il suo fidanzato lavora in azienda. Ma almeno per studiare dove si è spostata?

"A Milano, Università Statale (laurea prima in Scienze e Tecnologie Agrarie e in seguito in Scienze Agrarie indirizzo Agro-zootecnico). Ma rigorosamente da “pendolare“. All’inizio in treno (che odiavo, vedendo i passeggeri trattati peggio delle nostre vacche), poi con l’auto".

Si contano ora 160 vacche lattifere nelle stalle dell’Azienda Baronchelli, il cui cuore pulsante è l’attività di allevamento. Stalle evidentemente pulite, moderne, in modo da favorire il benessere degli animali. Recinti all’aperto per pascolare. Non possiamo non ricordare la raffinata tradizione stalliva locale orientata alle tipiche razze Bruno Alpina e Pezzata Nera, ma il progresso ha portato miglioramenti significativi.

"Spazzole massaggianti, ventilatori, sistema di riconoscimento individuale per monitorare lo stato di salute di ogni singolo animale… Ricordiamo anche che una volta era comune legare invece le vacche negli allevamenti, specialmente in quelli più tradizionali o intensivi, con un numero di animali fisso per ciascun addetto. Il progresso ci ha permesso, in pochi anni, di passare prima da 21 a 12, e quindi fino a sette dipendenti".

La tecnologia in agricoltura ha peraltro favorito la partecipazione delle donne.

"Il nonno deve aver ancora visto tagliare l’erba a mano con la falce di ferro. Le mansioni meno dipendenti dalla forza fisica hanno certo facilitato il mio coinvolgimento. Certo, sul trattore posso salire solo io a guidarlo", sorride.

Alla presidenza AGAFI (Associazione Giovani Allevatori Frisona Italiana), dal 2017 per un quinquennio a livello nazionale, è stata scelta chiaramente grazie al suo impegno e competenza. Papà ne è orgoglioso?

"Le preoccupazioni di papà circa le prospettive dell’agricoltura italiana derivano proprio dall’età media elevata degli agricoltori, anche nel Lodigiano. Che può portare a una perdita del patrimonio di know-how e a difficoltà di rinnovamento delle aziende. Per parte mia, spero di soddisfare le aspettative che ripone nella mia generazione".

Agricoltura di precisione, robotizzazione della stalla, droni, colture idroponiche... si sta rivoluzionando il lavoro sul campo e anche la filosofia d’impresa. Fucina di idee, la vostra famiglia. L’ultima sfida che vi distingue?

"Consegnare direttamente latte fresco da noi pastorizzato e imbottigliato, e altri prodotti di altissima qualità della nostra cascina, ai clienti che possono utilizzare distributori automatici funzionanti 24 ore su 24, vicino a casa loro".

Casi di furti e danni crucciano papà, ma non vi scoraggiano a proseguire il prezioso servizio. Lei sente sulla sua pelle il dovere di essere ottimista?

"A preoccuparmi è piuttosto il cambiamento climatico. Ci costringe a una corsa contro il tempo, nella lavorazione del terreno, da cui ricaviamo a rotazione mais, frumento, fieno, foraggio per i nostri animali. Il fenomeno ci mette a dura prova. E io soffro la mancanza della primavera".