GIANNI BRERA
Vivere Lodi

Il cibo secondo Brera. Il campionato di cucina. Fredo, le 120 costolette. E fu scandalo fra gastronomi

Racconto dell’evento dalla Bassa del maestro di giornalismo sul Giorno tra provocazioni, originalità e tanta voglia di sfatare i luoghi comuni.

Il cibo secondo Brera. Il campionato di cucina. Fredo, le 120 costolette. E fu scandalo fra gastronomi
Il cibo secondo Brera. Il campionato di cucina. Fredo, le 120 costolette. E fu scandalo fra gastronomi

Dopo averlo presentato su queste colonne, considero doveroso e forse non inutile dare conto dell’esito "tecnico" del Primo Campionato Lombardo in Gastronomia. Si è svolto dal 6 al 16 settembre, nella cucina e nel ristorante allestito da Carlo Mo presso la Mostra dell’Autunno Pavese. Vi hanno preso parte tre cuochi di ogni provincia lombarda: e sei di essi su 27 sono stati scelti per i tre piatti da presentare alla finale di gara. Altri cuochi, pur bravi, sono rimasti in gara solo per gli antipasti e i formaggi. Tutti hanno avuto un diploma debitamente firmato dai membri della giuria, presieduta dal nostro Luis Veronelli e da me, che mi professo antigastronomo... per legittima suspicione. La vittoria è toccata alla sempiterna costoletta alla milanese, presentata da Alfredo Valli del Gran San Bernardo di Milano. Naturalmente, come quasi tutti i milanesi di schiatta lombarda, "il Fredo" è della Bassa (gli altri sono comaschi o brianzoli). Per prendere parte al campionato ha messo in crisi il suo vecchio macellaio, che da un vitello non cava più di 16 costolette: lui ne ha cucinate e servite qualcosa come 120. Le ha fatte battere per tempo da una "batteria specializzata — un figlio e due allievi in irreprensibile divisa bianca —: le ha impanate e presentate con tanto di fiocco di carta alla sommità del manico. All’ultimo istante, Fredo avrebbe voluto aggiungere tartufi al nostro paventato travaglio digestivo. L’ha diffidato Luis Veronelli, con lo sdegnoso sussiego di un prete che sventi un peccato mortale. Da antigastronomo quale sono, penso che nessuno dí noi si sarebbe offeso, a patto che il tartufo non fosse mezzo.

Scandalizzatevi, gastronomi, e lasciate lavorare la libera fantasia dei cuochi: a digerire penseremo noi! E se fate la bocca a cul di gallina, qui subito rivelo che uno di voi — naturalmente d’altra parrocchia, e quasi romano per giunta — mi ha confidato di aver ottenuto dal "Fredo" bassaiolo che gli cucinasse una costoletta a nature e, cioè non battuta, ancorchè impanata a dovere, e "Senti quant’è mejo" si è infervorato porgendomi un boccone già in punta di forchetta.

Mi sono rifiutato gongolando: e intanto guardavo Fredo, che mi strizzava l’occhio con un ghigno debitamente celato alla "stampa ufficiale". Per premiare la costoletta si è discusso una notte intera. Ho ragione o no di credere che Milano sia mal ripagata dai suoi abitanti "de foeura"? Perfino i pavesi erano d’accordo: ma non i meteci che fanno grande e magari antipatica Milano. Davvero curiose ambizioni avevano í nostri giudici! Segretamente, sognavano di scoprire la patetica vecchina delle favole, quella che cucina nella sperduta campagna "come la nostra mamma". Ci ho creduto anch’io, finendo dí convincermi che le vecchie non sono fatte per i campionati. Spostate di fornello, vanno insieme (anda’ insemma, confondersi): né basta un sentore di sedano per nobilitare uno stufato senza genio: di quelli, per intenderci, che i gitanti domenicali in libera sbronza ingollano con polenta frettolosa e ruvida. Sì, la nostra è "petite cusine": ma non esageriamo con il piccolo! C’è anche del bello e del buono, dunque del grosso. E per incominciare informiamo i facili detrattori della città in cui prosperano che la costoletta è lombardo-milanese, non mariateresiana. L’insospettabile Stendhal ne ha scritto, quando neppure esisteva la Wienerschnitzel: l’ordinanza di Radetzki l’ha confermato in una relazione che esprimeva gradito stupore per quella squisitezza. Sia glorificato il Fredo che onora la costoletta, il risotto milanese e quello vero, che non abbisogna di coloranti, le trippe lombarde (minestra o busecca, fojolo in umido, fojolo con panna), lo stracotto e perfino la cassoeula, però senza ingrommarla dí tanta ciccia untuosa. Sull’argomento verremo alle mani l’anno prossimo, suppongo...