PAOLO GALLIANI
Vivere Lodi

Gnocco fritto, risotti, grigliate. I must di Locanda dei sapori

Un viaggio (alto) nella Bassa enogastronomica fino a Borghetto Lodigiano "Da noi abbiamo eccellenze assolute meritevoli di essere valorizzate..." .

Un viaggio (alto) nella Bassa enogastronomica fino a Borghetto Lodigiano "Da noi abbiamo eccellenze assolute meritevoli di essere valorizzate..." .

Un viaggio (alto) nella Bassa enogastronomica fino a Borghetto Lodigiano "Da noi abbiamo eccellenze assolute meritevoli di essere valorizzate..." .

Diamine, deve ancora arrivare il Solstizio d’estate e nella Bassa fa già un caldo torrido. Ma insomma, a consolare ci pensa la stradina asfaltata e libera dal traffico consigliata da Google Maps per raggiungere Borghetto Lodigiano, attraverso un paesaggio che slalomeggia tra una bella campagna che si tinge di verde e oro. E ci pensa anche la

meta finale, la “Locanda dei Sapori”, ricavata in una vecchia fattoria inizio ‘900 che quasi una ventina di anni fa Marcello Meazzi aveva scelto per celebrare la sua idea di ristorazione, affinata e collaudata in alcuni locali tra Milano, Como e Pavia e maturata attraverso un legame

simbiotico con il territorio.

Patron e chef. Ma anche appassionato narratore di una porzione di Lombardia gastronomicamente influenzata dal Cremonese, dal Pavese e dal Milanese "ma che vanta eccellenze assolute meritevoli di essere valorizzate", ripete Marcello. Rivelando una conoscenza selettiva dei produttori e dei prodotti tra Lodi, Codogno e le amate colline di San Colombano dove attualmente abita.

Tesse l’elogio dello zafferano di Massimo Fabris; elogia i formaggi dei caseifici Dedè, Carena e Croce; si entusiasma per la farina che gli fornisce la signora Renata dell’azienda “Bionature” di Monteguzzo di Borghetto, un

mais pignoletto rosso con cui Marcello si diletta a preparare un’ottima polenta. E non perde l’occasione per promuovere la rassegna gourmet che ogni anno, in autunno, coinvolge i migliori ristoranti della zona.

Se è per quello, dimostra un attaccamento quasi affettivo ai paesaggi della Bassa che lui si diletta, quando può, a percorrere in lungo e in largo in sella a una delle due Harley Davidson che possiede. Tant’è.

Ascoltarlo è un piacere, specie quando calza – da buon cuoco – la candida e bianca “toque” che gli dà un’aria importante ma non severa. Alla fine, contano le sue preparazioni. E se l’avvio spetta al gnocco fritto con i salumi dell’azienda Bertoletti, sono i suoi risotti a meritarsi la scena, specie il Carnaroli alla zucca con la mostarda cremonese spezzettata e addolcita con l’amaretto. Mentre, tra i secondi, spiccano la grigliatona con spiedino di maiale e salamella, il coniglio disossato e farcito con crema di cannellini e scalogno caramellato. E la pregevole battuta a coltello di Frisona con cipolla rossa di Tropea in agrodolce e stracciatella, anche se formalmente sarebbe un antipasto.

Quando l’appetito è notevole, si può chiudere con una Meneghina o con la golosa “Torta di Lodi”. Prima di un saluto prolungato al padrone di casa. Sempre generoso con quello che lo circonda. E pure disposto a rivelare i suoi luoghi del cuore, evitando di indicarli secondo una precisa gerarchia, per non fare torto a nessuno: il centro storico di Lodi; la sponda destra dell’Adda.

E l’incantevole sequenza collinare che emerge a pochi chilometri da Borghetto e che porta il nome di San Colombano. Apprezzabile capacità di aggirare le permalosità e i campanilismi tipici della provincia. Del resto, se un bravo chef deve sapere valorizzare le materie prime, un impeccabile oste deve rivelarsi un maestro dell’accoglienza. E dell’inclusività.