
“Davide’s Bar“ è una catena di locali che ha saputo ritagliarsi spazi in città
Victor Ristolfi, conosciuto dai più come Davide, è il cuore pulsante del Davide’s Bar, una catena di locali che ha saputo ritagliarsi uno spazio di rilievo nel panorama della ristorazione milanese e del catering.
Come mai la scelta del nome?
"Anche se all’anagrafe mi chiamo Victor, da sempre amici e familiari mi chiamano Davide e tutti mi conoscono così. Questo soprannome è diventato parte della mia identità, tanto che ho deciso di usarlo come nome del locale. La ‘s’ aggiunta al nome riflette l’idea, fin dall’inizio, di creare una realtà con più sedi".
Come nasce la sua attività?
"Ho iniziato nel mercato avicunicolo, che fa parte dell’ortomercato di Milano. Nel 2012 ho aperto un altro punto vendita sempre nel mercato, mantenendo il settore avicunicolo come base. Nel 2016 la nuova sede in via Gallarate e nel 2018 ho inaugurato una seconda struttura all’interno del mercato. Infine, nel 2022, il ristorante sotto il palazzo Sogemi, passo importante per consolidare il percorso".
Come sono stati gli anni della pandemia?
"Gestivo tre locali in quel periodo: due all’interno dell’ortomercato e uno in via Gallarate. La pandemia ha rappresentato una sfida immensa. Per tre mesi abbiamo dovuto chiudere, per un anno e mezzo ci siamo concentrati sugli asporti. Non è stato facile, ma siamo riusciti a resistere. Nel 2021 ho lanciato un servizio di delivery che è rimasto attivo fino al 2023 e ci ha dato un grande aiuto. Tuttavia, le difficoltà non sono finite con la pandemia: prima la guerra, poi l’aumento dei costi. Siamo ancora in mezzo alla tempesta, ma continuiamo a lavorare con determinazione".
E ora com’è la situazione?
"Stiamo andando avanti, anche se oggi è tutto più difficile rispetto agli anni pre-Covid. Per restare in piedi, bisogna impegnarsi molto di più. Da un anno e mezzo ci occupiamo anche di organizzazione di eventi, per il 98% nel comprensorio Sogemi, a chilometro zero. Stiamo lavorando per espanderci".
In quanti siete nell’attività?
"In tutto, 14. In via Gallarate lavorano tre persone, al ristorante un team di un addetto alla tavola fredda, un cuoco, aiuto cuoco, cameriera e un’addetta alla caffetteria. Nei locali dell’ortomercato, un responsabile, due addetti alla caffetteria e una persona alla tavola fredda". Com’è cambiata la clientela? "Oggi è più oculata: si spende meno e si fa più attenzione. Ed è cambiata la cultura della convivialità: una volta condividere un pasto era un momento importante, oggi sembra che tutti abbiano fretta. Questo influisce sulla nostra attività, spingendoci a rinnovarci per adattarci a queste nuove esigenze".