Andrea Delogu: 40 (anni) e sto. La vita, le idee, le battaglie: "Essere femminista vuol dire farsi odiare da tanti..."

La conduttrice presenta il suo spettacolo prima della data milanese al Teatro Manzoni: "Finito il tour per la prima volta mi siederò al tavolo per dirmi: “Ok, ora vediamo cosa fare“" .

Quarant’anni, il giro di boa, il bilancio dei venti favorevoli e delle tempeste superate. Tutto questo è “40 e sto”, lo spettacolo teatrale di Andrea Delogu. La conduttrice televisiva e radiofonica sarà in scena il 30 gennaio al Teatro Manzoni per raccontarsi al pubblico senza filtri, attingendo dalla sua vita privata.

Autrice, attrice, conduttrice, scrittrice, speaker radiofonica… A 40 anni chi è e come si definirebbe Andrea Delogu?

"Una donna che è soddisfatta della persona che sta diventando".

Guardandosi indietro, la bimba Andrea cosa direbbe ad Andrea di oggi?

"Credo che direbbe: “Andrea, il metabolismo cambierà a 35 anni. Per questo… Non fare cazzate!”

Ci sono oggetti, profumi che si porta con sé dall’infanzia e rappresentano la sua “coperta di Linus”?

"Sì, sono tutti quegli odori legati alla natura e alla campagna. Sono nata in collina, custodisco ancora il ricordo del profumo del boschetto, della terra bagnata. Ecco, tutte quelle fragranze che mi richiamano la campagna mi fanno sentire al sicuro".

Ha accennato alla collina. Nei suoi primi dieci anni di vita è cresciuta a San Patrignano, dove si sono conosciuti i suoi genitori. Quali ricordi ha della comunità?

"Lì ho vissuto i miei Natali più belli. C’erano gruppi di bambini che giravano liberi perché in quel luogo erano al sicuro. Ho ancora in mente le scampagnate che facevamo. C’era un campetto dove andavamo a giocare. Ho avuto un’infanzia libera, non avrei altri modi per definirla. La rifarei altre mille volte".

Passando all’amore, per la relazione con il suo fidanzato, più giovane di lei, ha ricevuto critiche sui social...

"È veramente pittoresco tutto questo. C’è chi riesce a capire che l’amore è amore. Punto. Due persone si frequentano, si amano, l’età non conta. C’è invece chi non riesce a comprenderlo e ad accettarlo. Devo dire che questa parte di società è un bello spaccato. Esisteranno sicuramente manuali di antropologia che raccontano questo fenomeno. Io l’ho visto e osservato tramite il mio profilo Instagram...".

Per una decina di anni è stata in terapia. Il Governo ha tagliato i fondi per i disturbi del comportamento alimentare (dca), seconda causa di mortalità tra i giovani in Italia. Cosa pensa di questa decisione?

"Capisco che l’economia non brilli in questo Paese. Bisogna pagare un sacco di debiti. Però bisogna anche saper distinguere cosa è intoccabile da cosa non lo è. Intoccabile è la salute. E quando parliamo di salute intendiamo non solo quella fisica, ma anche quella mentale. Bisogna proteggerla. Spero che questo si capisca. Anche perché andare in analisi salva la vita. Non ci sono altri termini per spiegarlo".

Per quanto riguarda, invece, i disturbi specifici dell’apprendimento (dsa), ha scritto un libro, “Dove finiscono le parole”, in cui racconta la sua quotidianità con la dislessia. In che modo incide nella sua vita lavorativa?

"Ho dei metodi “personali”, diciamo. Questo è dovuto al fatto che ho scoperto la mia dislessia quando avevo finito già la scuola. Mi sarebbe piaciuto avere metodi “tradizionali” per convivere con questo disturbo e che me li avessero insegnati. Sul lavoro ho autori meravigliosi che mi aiutano a scrivere le puntate e le cose che dico. Poi, però, per lo più lavoro a braccio. Sono completamente “free-style“. Mi preparo, studio i testi, poi improvviso".

Servirebbero corsi obbligatori per gli insegnanti? Per aiutarli a riconoscere i disturbi dell’apprendimento?

"Sì, assolutamente. Gli insegnanti hanno ore di formazione obbligatoria annuali e, tra queste, i docenti possono scegliere di approfondire i dsa. Ma è una possibilità. Questa è una cavolata, una mancanza totale di attenzione a una caratteristica che in questo momento riguarda il 5% degli italiani. Bisogna rendere obbligatoria la formazione sui dsa. Facciamo un esempio: in una classe ci sono una trentina di bambini e un insegnante ha più classi. Quanti danni si possono fare su centinaia di ragazzi, se un docente non riconosce i dsa?".

Ha iniziato la sua carriera in tv con “Mai dire domenica” per poi proseguire e diventare un volto noto agli italiani. È mai stata vittima di molestie sul lavoro?

"No, non mi è mai capitato, ma riconosco che si verificano. Io sono stata semplicemente fortunata".

Cosa vuol dire essere femminista nell’Italia di oggi?

"Prendersi la responsabilità di combattere per tante e farsi detestare da tanti. Essere femminista vuol dire fare un percorso e non volersi mai arrendere".

Passando alla tecnologia, cosa sceglie di non postare sui social?

"Ho avuto un bellissimo matrimonio, che poi è finito. Ho dato in pasto molte cose del mio rapporto sui social. Quando è finita la nostra storia ho capito che è bello condividere alcuni momenti, magari anche felici, ma che è meglio evitare di postare cose troppo personali".

L’intelligenza artificiale potrà sostituire la mente umana? Come vede il futuro?

"Mi spaventa, sinceramente. Non ho scaricato neanche ChatGPT. Non voglio credere che ci possa portare via il lavoro".

Nel suo spettacolo “40 e sto” racconta le battaglie che ha affrontato contro gli stereotipi. Il luogo comune che più detesta?

"“Se sei una donna, ma non una madre, vali meno”. Io ho superato i 40 anni, non è capitato di diventare madre e vengo vista, da chi vive in un’altra era, o come una donna che ha perso un’occasione o come una pazza. Ma non vali meno se non sei una madre. Non si dovrebbe mai giudicare una persona. Non si sa mai che cosa ha passato nella sua vita".

Cosa si aspetta dalla data di Milano?

"Di vedere le persone con cui sono cresciuta, perché la mia famiglia è di Milano. Quindi, sarebbe una bella occasione".

Il tour terminerà tra un mese circa. Quale ricordo si porterà dentro?

"Tante persone, alla fine dello spettacolo, mi dicono: “Quello che hai raccontato è successo anche a me”. Ecco, mi rimarrà il ricordo di coloro che mi si sono avvicinati e mi hanno confidato che una determinata cosa

è accaduta anche a loro".

Programmi per i prossimi 40 anni?

"Ora è tutto all’impronta. Dopo il tour, per la prima volta nella mia vita, mi siederò a un tavolo e dirò: “Ok, vediamo cosa fare”".