
"Adesso sono in una dimensione diversa, con nuova consapevolezza e una visione più ampia". In uscita due versioni, jam e orchestrale, di “Locura“, con 40 musicisti. "Ho usato tutti i miei contatti".
Lazza & Meazza. Un binomio carico di passione sportiva che il 9 luglio, tra gli spalti di Pulisic e Leão, diventa pure musicale col debutto dell’eroe di “Cenere” sul palco della Scala del calcio. Tutto accompagnato da un nuovo progetto discografico, “Locura Jam & Opera”, concepito attorno all’ultima raccolta d’inediti “Locura”, appunto, con all’Orchestra Sinfonica di Milano arrangiata e diretta dal maestro Enzo Campagnoli. Per uno che avrebbe voluto chiamare il figlio Zlatan (amorevolmente dissuaso dalla dolce metà Greta Orsingher) una notte epica.
Jacopo, per lei questo show a San Siro è punto d’arrivo o di partenza?
"Potrebbe sembrare un punto d’arrivo, perché San Siro è San Siro, è il sogno di qualsiasi artista, specialmente quando sei nato e cresciuto a Milano. Ma per me è solo un inizio. È come se si aprisse una nuova fase, un altro livello, anche a livello mentale. Dopo tutto quello che ho fatto in questi anni, era inevitabile porsi la domanda ‘e adesso?’. Ecco, adesso inizia un’altra storia, con una consapevolezza diversa e una visione ancora più ampia. Non ho mai voluto che qualcosa suonasse come ‘ok, ce l’ho fatta e mi fermo’. San Siro è un grande riconoscimento, ma non un traguardo, la giusta spinta per continuare a fare sempre di meglio e a dare il 110 per cento".
Pensa che il “Meazza” nella sua carriera sia arrivato presto, tardi o giusto?
"Giusto. È arrivato quando doveva arrivare, sicuramente dopo tanta gavetta e tanti palchi. Sono in giro da tanto, dagli studi di pianoforte, i freestyle al muretto, i sacrifici, e poi i dischi, le prime date ai club, i tour sold out nei palazzetti. Già il Disco di Diamante per ‘Sirio’ è stato un qualcosa che non avrei immaginato. O almeno, lo immagini, ci speri, ma quando arriva è surreale. La mia è stata una crescita costante, non mi sono mai sentito catapultato da zero a cento, tutto ha avuto un suo tempo. San Siro non è solo uno show, è una responsabilità, e oggi sento di potermela prendere. Qualche anno fa magari no, oggi sì. E ci arrivo con fame, ma anche con il rispetto che merita".
Qual è l’idea narrativa di questo show-evento?
"Voglio che sia un vero viaggio musicale in quella che è stata la mia carriera, da quando avevo quindici anni e l’obiettivo era far arrivare la mia musica alle persone, quando probabilmente nemmeno si sarebbe mai pensato di vedere un rapper sul palco di San Siro. Una festa grandissima in stile Zzala per i fan che ci sono stati fin dall’inizio, quelli che si sono aggiunti nel mentre, e quelli che non mi hanno mai abbandonato. Non sarei qui senza di loro e non lo dimentico. Già nel tour nei palasport di quest’inverno avevo ideato una scenografia che è stata una figata, e San Siro ovviamente non sarà da meno. Voglio che questo show lasci il segno".
Ospiti?
"Chissà, per ora non posso aggiungere altro. Vi toccherà venire allo show".
Un grande americano con cui, in un’occasione così speciale, sarebbe bello poter condividere quel palco?
"Travis Scott, senza pensarci troppo. A livello di visione, show design, capacità di creare un universo attorno alla musica, per me è un riferimento. Ha cambiato le regole del live, ha fatto diventare il palco una cosa cinematografica. Sarebbe una bomba. Ma detto questo, anche solo portare a San Siro il mio mondo, la mia estetica, è già una sfida".
Marra a San Siro porta la band. E lei?
"Dico solo che stanno per uscire due nuove versioni, jam e orchestrale, del mio ultimo disco ‘Locura’ in cui ho coinvolto più di 40 musicisti, dando fondo a tutti i contatti e le risorse che mi sono fatto in quindici anni di carriera. Questo doppio progetto è frutto di oltre un anno di lavoro, quindi, non avrebbe di certo potuto rimanere chiuso nel cassetto. Non voglio “spoilerare“ troppo, ma sto lavorando a uno show che abbia senso dall’inizio alla fine, che sia costruito su misura, con un’identità forte. Sarà qualcosa che rispecchia davvero quello che sono oggi, musicalmente e non solo".
Andrea Spinelli