
Gli investigatori della Mobile portano via materiale dagli uffici della Secam (Anp)
Tirano (Sondrio) - L’inchiesta della Procura di Sondrio, all’epoca diretta da Claudio Gittardi, aveva suscitato grande clamore in Valtellina. Nei primi giorni di luglio del 2018 finirono agli arresti domiciliari nove persone per un presunto giro di mazzette in cambio dell’assegnazione di appalti ai “soliti amici“ di aziende operanti in vari settori, fra cui taglio dell’erba, sgombero della neve e forniture di mezzi.
Il “sistema“ , contestato dai magistrati su indagini della Squadra Mobile della questura di Sondrio, aveva ipotizzato reati quali turbativa d’asta, corruzione, truffa e peculato. Tra i destinatari delle misure di custodia cautelare tre funzionari di Secam e alcuni imprenditori. Sedici, secondo gli inquirenti, le gare complessivamente condizionate attraverso accordi, due truffe aggravate ai danni di Secam, 8 episodi di corruzione e due ipotesi di peculato: a essere vagliato il periodo compreso fra il 2014 e il 2016. Che fine ha fatto quell’indagine ? Gli indagati erano realmente colpevoli ? Non si è saputo più nulla, da allora. I dipendenti Secam, dei quali a suo tempo come degli altri arrestati avevamo reso note le generalità, sono tornati al loro posto di lavoro, una volta venuta meno la misura coercitiva della libertà.
Nelle ultime ore, a Palazzo di giustizia di Sondrio, in un’aula, c’è stata la sentenza di condanna molto soft per due cugini titolari di un’impresa di Tirano, fra coloro che l’8 luglio 2018 vennero colpiti dalla misura cautelare degli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta battezzata “Green“. Il sostituto procuratore Stefano Latorre, nel corso delle indagini preliminari, ha riqualificato il reato di corruzione a loro carico in quello decisamente più lieve previsto dall’articolo 319 quater comma secondo del Codice penale (induzione indebita a dare o promettere utilità: chi induce è punito con la reclusione da 6 a 10 anni e sei mesi; chi è indotto viene punito, invece, con la reclusione sino a 3 anni). I due imprenditori tiranesi, Pietro e Pierlorenzo Della Bona, titolari dell’impresa “Della Bona Costruzioni Srl“, assistiti dagli avvocati Stefano Di Pasquale di Sondrio e Marco Paolo Tomasi di Tirano, hanno formulato istanza di patteggiameento, con il consenso del pm Latorre, alla pena finale di 4 mesi a testa (pena sospesa). Il gip, dottor Antonio De Rosa, ha accolto l’istanza e pronunciato la sentenza in quella misura.Il ruolo dei due cugini, pertanto, è risultato fortemente ridimensionato, rispetto all’ipotesi di corruzione inizialmente contestata a loro carico.