
Rischia di essere una legge anti riciclaggio all’acqua di rose quella che si preparano ad approvare in Svizzera, sollecitata dall’opinione pubblica internazionale dopo lo scandalo Panama Paper che aveva svelato il ruolo di primo piano delle società e gli istituti di credito della Confederazione nelle triangolazioni internazionali per far sparire il denaro diretto verso i paradisi fiscali.
Nella bozza finale infatti avvocati e consulenti potranno consigliare ai loro clienti come riciclare il loro denaro senza essere perseguiti in alcun modo, almeno finché non partecipano in prima persona alla transazione. Non solo, i professionisti non hanno alcun obbligo di denunciare gli atti di riciclaggio, neppure quando ne sono a conoscenza diretta. Lo stesso garantismo è stato utilizzato anche nei confronti di gioiellieri e commercianti di metalli e pietre preziosi che nella bozza presentata dal Governo avrebbero dovuto segnalare le transizioni tutte le volte in cui il cliente pagava in contanti oltre i 15mila franchi, oltre 13.529 euro, alla fine però il confronto con i singoli Cantoni ha spinto l’esecutivo a rivedere la propria proposta mantenendo inalterata la soglia dei 100mila franchi, 90.199 euro. E’ stato alleggerito anche il cosiddetto "sospetto fondato" che obbliga banche e intermediari a rivolgersi alle autorità antiriciclaggio sono quando vi è "un indizio concreto o più elementi concreti che lasciano supporre che i valori patrimoniali implicati nella relazione d’affari potrebbero provenire da un reato e se i chiarimenti supplementari effettuati lo rendono verosimile o lo confermano". Non risparmia le sue critiche l’associazione Transparency Switzerland. "In Svizzera le aziende sono molto raramente ritenute responsabili di reati penali come la corruzione o il riciclaggio di denaro a causa delle lacune nel diritto – spiegano - Le aziende con sede in Svizzera sono ancora spesso coinvolte in gravi casi di corruzione internazionale e di riciclaggio di denaro. Chiediamo misure concrete per migliorare la trasparenza del sistema giudiziario". Roberto Canali