Quella Madonna protettrice fra i campi

Il santuario della Madonna della Costa a Costaverde: un luogo carico di significato per gli abitanti del paese, testimone di fede e tradizione tramandate di generazione in generazione. Un simbolo di speranza e consolazione in momenti di difficoltà.

Maietti

Il santuario della Madonna della Costa a Costaverde.

Tutti in paese ne portano un’immaginetta nel portafoglio: un marchio di identità, un laccio generazionale. Ricordo mio nonno pitaloeu (piccolo coltivatore diretto) che tornava dal santuario, il 25 di Marzo, giorno della festa, con il filson

(filzetta di castagne lessate) intorno al collo. E mio padre mercantìn (venditore ambulante di stoffe e mercerie), il giorno che il suo furgoncino non vide una curva nel nebbione

di novembre e finì dritto nella roggia grande. Tutta la roba andata in malora e lui a ripetere, col cappello fradicio tra le mani, che era finita. E mia madre,

a cuore franto, a dirgli: "La Madona d’la Costa la te vütarà". E la preghiera di Mariellina, quando il male innominato aveva cominciato a sbrecciare l’azzurro dei suoi occhi: non

di guarire, ma di avere sempre

la forza di entrare in quella "buona notte" a occhi aperti.

La scalinata del santuario: rampe interrotte da pianerottoli segnati dal tempo. Quasi

un simbolo che la salita alla scommessa della fede è un’erta faticosa: ci vuole qualche tratto di piano per rifiatare. Ci sono stato una volta con Gianni e Antonella, una coppia di amici milanesi, per la prima volta a Costaverde. Prima in giro per il Lodigiano: la piazza di Lodi,

il tempio bramantesco dell’Incoronata, le due chiese nate tra i campi: la basilica del patrono San Bassiano a est e l’abbazia del Cerreto a ovest. Lodi esattamente nel mezzo. Come se l’imperatore Barbarossa, fondando la nuova città il 3 Agosto 1158, fosse stato ispirato a porla al riparo

di due formidabili cittadelle dello spirito. Poi la sorpresa

di Costaverde: un paesino ondulato inimmaginabile in una terra che va sotto il nome di Bassa. Per ultimo, il Santuario. Dal loggiato agli amici si è affacciato l’anfiteatro dei "campi quadrati" (quelli di Ada Negri, benché non più cinti di gelsi) e sul poggio dirimpetto la chiesa parrocchiale intorno alla quale le case, nell’ora del tramonto, parevano stringersi contro il buio imminente. "Ohei, ma indùe l’è che sèmm !?", ha detto Gianni. "In Paradis", ha detto Antonella.