Quei viaggi per avere un’istruzione

Gabriele

Moroni

Ho letto su Il Giorno che sono più di 620mila i ragazzi e i giovani lombardi che ogni giorno si spostano dal comune di residenza per ragioni di studio. In modo particolare, mi ha colpito il pendolarismo di coloro che devono viaggiare per necessità, perché non hanno la scuola nel loro comune.

Maria Luisa Corti, Milano

Nel servizio apparso su Il Giorno Federica Pacella ha riferito di quello che emerge dall’elaborazione che Openpolis-Con i bambini ha fatto sui dati Istat e Agenzia per la coesione sociale. È vero: per molti viaggiare non è una scelta ma una necessità imposta dalle circostanze. L’aspetto della mobilità regionale che ha giustamente colpito l’attenzione della nostra lettrice e affezionata corrispondente è quello che nelle zone periferiche e ultra periferiche non sempre c’è disponibilità di istituti scolastici. Il pendolarismo si verifica e si accentua man mano che si risale la scala scolastica fino ai gradini più alti (istituti superiori e università). Ma si pendola anche per le scuole non dell’obbligo, per nidi e scuole dell’infanzia.

La conclusione è allora che in Lombardia i trasferimenti scolastici cominciano molto presto. C’è chi inizia a vivere la propria giornata molto presto rispetto ai propri coetanei e con ogni probabilità continuerà a vivere la condizione del pendolare chissà per quanti anni ancora. Una sorta di destino segnato, si dovrebbe dire.

E per concludere una domanda: che situazione si troverebbero a vivere bambini e ragazzi con le rispettive famiglie se nei comuni non ci fossero gli istituti privati a sopperire all’assenza di quelli pubblici?

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