Palazzo distrutto dalle fiamme a Sondrio. Tre imputati per il rogo 2019: "Cause incerte, vanno tutti assolti"

Il pm al processo non chiede condanne e fra pochi giorni verrà pronunciata la sentenza. Dopo l’incendio furono molti gli evacuati

Il palazzo assediato dalle fiamme a Sondrio nel 2019

Il palazzo assediato dalle fiamme a Sondrio nel 2019

Sondrio – Un rogo furioso in un palazzo di via Brigata Orobica, nel capoluogo valtellinese, il 4 gennaio 2019. Numerosi gli evacuati dall’edificio, a lungo rimasto inagibile e con una famiglia che, a distanza di diversi anni dall’episodio, ancora non ha potuto fare rientro nel suo alloggio. I Vigili del fuoco del Comando provinciale di Sondrio furono impegnati diverse ore per domare le fiamme. Ingenti i danni. Tre le persone che furono rinviate a giudizio, di più inizialmente gli indagati dalla Procura allora diretta da Claudio Gittardi. Al termine di diverse udienze (sono costituite in giudizio varie parti civili, proprietari di appartamenti e condominio) si va verso l’assoluzione di tutti gli imputati dall’imputazione di rogo colposo.

Ieri, davanti al giudice Carlo Camnasio, si è chiusa l’istruttoria e il pm Giulia Alberti ha chiesto l’assoluzione ai sensi del secondo comma dell’articolo 530 del Codice di procedura penale (la formula dubitativa di un tempo, o se si preferisce l’insufficienza di prove) per i tre finiti a processo: Roberto Bertolatti, difeso dall’avvocato Renzo Pinos di Sondrio, Adriano Fontana, assistito dalla collega Alice Dell’Andrino con ufficio nel capoluogo valtellinese e Tino Meraviglia, difeso dagli avvocati Giulio Speziale e Alice Piccapietra con studio a Morbegno.

Il Bertolatti, di Albosaggia, era direttore dei lavori ai tempi della costruzione del condominio e poi suo amministratore e, in tale duplice veste, non avrebbe adeguatamente controllato l’esecuzione delle opere, Fontana e Meraviglia, entrambi residenti a Berbenno, invece, realizzarono nel 2005, in fase di costruzione del condominio, una stufa in maiolica la cui canna fumaria fu sospettata di aver dato origine all’incendio del 2019 sviluppatosi in una mansarda all’ultimo piano.

Sono stati ascoltati più testimoni e prodotte numerose perizie e i tecnici non sono concordi. Si è parlato anche di incendio proveniente da tutt’altra canna fumaria o causato da un guasto elettrico. Infatti, all’inizio, gli indagati erano anche altri. Quello che sembra finora emerso è che non vi sia una causa certa. I danni furono comunque ingenti. Pertanto il pm Alberti ha chiesto l’assoluzione per tutti con formula dubitativa. Il 6 giugno parola alle difese e sentenza che si annuncia assolutoria, salvo improbabili colpi di scena.