Novate Mezzola, "Cromo in fabbrica? Noi ignoravamo tutto"

La testimonianza di Daniele Del Pra che ha lavorato all'ex Falck

L’ex Falck di Novate Mezzola

L’ex Falck di Novate Mezzola

Novate Mezzola, 11 dicembre 2019 - «All’epoca nessuno ci aveva detto che stavamo lavorando a contatto con sostanze potenzialmente pericolose e nemmeno ci ponevamo il problema», ricorda Daniele Del Pra, classe 1957, dipendente dello stabilimento Falck dal 1979 fino al 1991, anno in cui gli impianti cessarono l’attività. Sono in molti a chiedersi se i tanti – forse troppi, una ricerca negli anni passati era stata eseguita ma i dati sarebbero stati secretati – casi di tumore tra gli abitanti di Novate Mezzola e del Giumello e tra gli ex dipendenti Falck possano essere ricondotti all’attività dell’impianto siderurgico. Per ora non esiste alcuna sentenza che possa dare risposte certe e il processo in corso presso il tribunale di Sondrio servirà a fare chiarezza anche su questo. A far preoccupare, però, rimangono le inquietanti tracce di percolato giallastro – a volte arancione – che fuoriescono dal muro di contenimento dietro al quale, per anni, la Falck ha interrato le scorie derivanti dalla lavorazione dell’acciaio ricche di cromo esavalente, sostanza altamente cancerogena.

«Negli anni ’80 – prosegue Del Pra – complessivamente alla Falck lavoravano circa 120 persone. Quando iniziai a lavorare nel settore amministrativo alcune migliorie per ridurre l’impatto ambientale erano già state introdotte, come il sistema di abbattimento dei fumi e le vasche di decantazione delle acque». Gli scarti, contenuti in appositi recipienti però, secondo il ricordo di molti, venivano semplicemente interrati, prima sotto a quello che poi è diventato il piazzale dello stabilimento industriale e poi nella discarica del Giumello. «Ricordo che molti si ammalavano – conclude Del Pra – sia tra i residenti della zona sia tra chi lavorava alle acciaierie».

Proprio la discarica del Giumello, nel Comune di Samolaco, e parte dell’ex area industriale a Novate Mezzola sono stati sequestrati nel 2018, nella fase di istruttoria dell’incidente probatorio. Entrambe le zone poste sotto sigillo dagli inquirenti venivano utilizzate per interrare le scorie. La speranza è quella di riuscire ad accertare i reali livelli di inquinamento presenti nel terreno e, presumibilmente, nell’area circostante, adiacente al lago di Novate Mezzola. Rimane infatti elevato il rischio che il lago – vicino alla riserva del Pian di Spagna, area umida protetta più grande d’Europa - possa essere stato raggiunto dal metallo pesante. Il sequestro era stato preceduto da quello effettuato nell’aprile del 2017 quando, al centro dell’indagine – iniziata negli ultimi mesi del 2016 - si erano venuti a trovare i piezometri, le vasche e i pozzi d’ispezione che costituiscono la rete di monitoraggio delle acque limitrofe alla vecchia area industriale.

Intanto il processo, rinviato per tre volte, è ancora fermo all’udienza preliminare convocata a Sondrio per il prossimo 16 aprile. A doversi difendere dalle accuse di disastro ambientale, falso in atto pubblico e illeciti amministrativi tredici indagati fra vertici della società Novate Mineraria Srl, Marco Pensa, Marco Butti, Aldo Cappi e Dario Comini, della Novamin Spa, Giuseppe Bartolini, della Provincia di Sondrio, Daniele Moroni e Giambattista Bertussi, di Arpa Sondrio, Carlo Pellegrino e Maurizio Tagni e di Regione Lombardia, Nicola Di Nuzzo, istruttore referente nel procedimento amministrativo di bonifica della ex area Falck. Unitamente alla Novate Metallurgica Novamet spa, oggi in liquidazione, sono indagati, a vario titolo, chi per omessa bonifica dei luoghi inquinati rappresentati dalla ex Falck di Novate e dalla discarica del Giumello e chi anche per false attestazioni in merito alla conformità alle normative della asserita bonifica effettuata.