MICHELE PUSTERLA
Cronaca

Morto in Valmalenco, caso archiviato. Resta il mistero

Mattia Mingarelli, rappresentante di commercio, è stato trovato senza vita nel dicembre 2018. La famiglia: vogliamo la verità

Mattia Mingarelli

Chiesa in Valmalenco (Sondrio) - Il caso è chiuso. Non sono state disposte nuove indagini sull’ultimo giallo della Valtellina. È stata depositata nella mattinata di ieri, nella cancelleria del Tribunale di Sondrio, la sentenza del gip Fabio Giorgi sul caso della misteriosa morte di Mattia Mingarelli, il 30enne rappresentante di commercio di Albavilla, nel Comasco, trovato senza vita nei boschi della Valmalenco la vigilia di Natale del 2018, a quasi tre settimane dalla scomparsa. «Ci è stato notificato oggi (ieri per chi legge: ndr) il decreto di archiviazione. Da parte nostra nessun commento», la stringata comunicazione dell’avvocato Stefania Amato di Brescia che con il collega Paolo Camporini di Como assiste la famiglia Mingarelli e si era opposta con due distinte istanze alla richiesta di archiviazione - la seconda negli ultimi sei mesi - presentata dalla Procura di Sondrio, diretta da Elvira Antonelli. 

I magistrati sondriesi sostengono che il decesso sia stata unicamente la conseguenza di un tragico incidente. Dello stesso avviso, evidentemente, il giudice Giorgi (a differenza del collega Della Pona) che dopo una valutazione approfondita dei numerosissimi punti (oltre venti), sui quali i legali insistevano si facesse luce, ha deciso che allo stato l’inchiesta debba essere archiviata. Non sono stati ravvisati elementi che facciano propendere per la tesi dell’omicidio nel fascicolo aperto per questa grave ipotesi di reato, ma contro ignoti. «Il mio assistito Del Zoppo mai indagato era rimasto molto sconcertato dalle dichiarazioni dei legali delle parti offese che lo indicavano, sostanzialmente, come l’autore di un delitto che, però, non c’è stato», ha commentato ieri l’avvocato Maurizio Carrara. Esattamente una settimana fa, c’era stata la discussione fra le parti. In aula anche i familiari di Mattia, mamma Monica Cavicchioli, papà Luca, le sorelle Chiara ed Elisa, sempre più convinti nel portare avanti la loro battaglia per conoscere la verità.

Un cellulare bruciato, l’allagamento di un box, macchie di sangue e tanti altri elementi molto dubbi, a parere dei legali della famiglia Mingarelli, fra cui il ritrovamento del cadavere in uno stato di conservazione che non sarebbe stato compatibile con i tanti giorni trascorsi all’aperto in luoghi anche popolati da animali. «C’era stata anche la richiesta di avocazione dell’inchiesta alla Procura generale, richiesta respinta, avvalorando la bontà del nostro lavoro», aveva spiegato il magistrato Antonelli. Ora la probabile parola fine. A meno di improbabili colpi di scena.