L’ultima morte in corsia, si riparte dai testi

L’ultima morte in corsia, si riparte dai testi

L’ultima morte in corsia, si riparte dai testi

Una vicenda giudiziaria che pare senza fine quella di Leonardo Cazzaniga (al centro nella foto), l’ex aiuto primario del pronto soccorso del presidio di Saronno. Nel carcere di Opera Cazzaniga sconta una condanna definitiva all’ergastolo per gli omicidi di otto pazienti e per due morti in ambito familiare: Massimo e Luciano Guerra, rispettivamente marito e suocero di Laura Taroni, l’infermiera all’epoca amante di Cazzaniga. I giudici della seconda Corte d’assise d’appello di Milano sono chiamati a decidere sul caso di Domenico Brasca, morto a 82 anni, il 18 agosto del 2014, nella sua abitazione di Rovello Porro (Como), dopo poche ore trascorse al pronto soccorso. Era stato l’ultimo omicidio, in ordine di tempo, addebitato al medico. Nel settembre dello scorso anno la Cassazione aveva annullato con rinvio (di qui il "ritorno" a Milano) la sentenza di secondo grado, pronunciata il 13 aprile 2021, che affermava il giudizio di responsabilità di Cazzaniga per l’omicidio di Brasca. Nel loro ricorso i difensori Ennio Buffoli e Andrea Pezzangora avevano contestato la mancata rinnovazione delle prove dichiarative (in altre parole le testimonianze), risultate determinanti per l’assoluzione di Cazzaniga in primo grado.

Per questo motivo i giudici dell’appello milanese hanno deciso la rinnovazione dibattimentale e disposto una serie di testimonianze per l’udienza del 4 maggio: Gaetano Iapichino, ex ordinario di anestesia e rianimazione alla Statale di Milano, uno dei periti che esaminò la salma di Brasca dopo l’esumazione; il medico che accolse il paziente al pronto soccorso; il radiologo; il consulente della difesa Furio Zucco. Il 30 maggio la requisitoria del procuratore generale Francesca Nanni. L’esito letale, secondo l’accusa e le sentenze, veniva provocato con la somministrazione di farmaci in sovradosaggio. Opposta la versione del medico: si trattava di una terapia per lenire le sofferenze di pazienti in condizioni tanto gravi da essere ormai condannati. Nella loro sentenza i giudici dell’appello avevano ribadito la condanna di Cazzaniga al carcere a vita. Lo avevano fatto operando alcune modifiche rispetto al primo giudizio. L’imputato si era visto confermare la condanna per sette dei dieci omicidi di pazienti in corsia. Era stato assolto per le morti di tre ricoverati, ma era arrivata la condanna per la morte di Domenico Brasca, poi impugnata dalla difesa.Gabriele Moroni