Le famiglie arcobaleno "Il riconoscimento è una strada a ostacoli"

La testimonianza di Simona Murgia, mamma non biologica di due bambine alla manifestazione nella Giornata internazionale contro l’omotransfobia.

di Federica Pacella

"Non riconoscere i genitori non biologici nelle coppie omogenitoriali è una forma di discriminazione, basata sull’orientamento sessuale". Non usa mezzi termini Simona Murgia, bresciana, mamma di due bimbe, insieme a Gloria, sposata nel 2013 in Danimarca. In quanto mamma non biologica, ha dovuto lottare per esser riconosciuta come genitore. Per la prima figlia, che ha 9 anni, ha intrapreso nel 2017 un lungo iter per la stepchild adoption, aperta allora dalla legge Cirinnà, mentre per la seconda, 2 anni e mezzo, ha potuto contare sul riconoscimento all’anagrafe nel comune di residenza (nell’hinterland bresciano), possibilità bloccata a marzo dal Governo: l’unica strada che ora le coppie omogenitoriali possono intraprendere è l’adozione dei figli da parte del genitore non biologico.

"Questa è una discriminazione" evidenzia Murgia, che porterà la sua testimonianza nella manifestazione promossa oggi a Brescia da Arcigay-associazione Lgbtquia+italiana, Famiglie Arcobaleno e Agedo, in occasione della Giornata internazionale contro l’omotransfobia (in piazza Mercato dalle 18 alle 19,30).

"Avere un riconoscimento effettivo – racconta Murgia – è fondamentale, perché si è privati dei diritti. Io non potevo neanche viaggiare con mia figlia. Se fosse capitato qualcosa a Gloria, per la legge sarei stata invisibile. Nel mio contesto non ho avuto difficoltà con scuole e ospedali, ma tutto dipende dal buon senso di chi ti trovi di fronte".

Anche la necessità di procedere con l’adozione per poter esser riconosciuta genitore è una forzatura. "Il percorso adottivo? È come aver fatto una risonanza magnetica emotiva – racconta – hanno analizzato tutto, e questo non perché ci fossero problemi per la bambina, ma solo per l’orientamento sessuale. Questa strada è una grandissima discriminazione verso le famiglie e i figli: la perseguiamo, perché è l’unico modo per tutelare i bambini, ma non è giusto".

Eppure la percezione è che la società sia pronta ad accettare le famiglie arcobaleno. "Nella pratica, la realtà è molto più avanti delle istituzioni, che discriminano soprattutto le famiglie, perché appena si parla di bambini si alzano i muri. I nostri figli, le nostre figlie non riescono a capire perché debbano essere adottati: per loro è una cosa del tutto innaturale".