ANDREA
Cronaca

Interpretazioni personali di una dieta

Maietti

Mode e manie della dieta: hanno travolto anche la munita cittadella della Bassa antica. Nonno Battista prendeva la vita come l’albicocco piantato a spiovere ombra sul "navili" (abbeveratoio). La nascita insidiata dalle brine, le potature giuste per correggerne la crescita abnorme, e l’ineluttabile declino degli anni, fino all’estremo addio, con non più di un affettuoso commento: "L’èra una bèla pianta". Qualche volta alla pianta "ghe ven el caröl" (tarlo) e la pianta se ne va prima del tempo. Un caröl di quelli brutti si annidò nel fegato di mio nonno. Aspettò che io fossi a scuola prima di andarsene, quella mattina di novembre, sul far del sanmartino. Barbéla el mediatur, perennemente avvolto nel suo tabarro. "Bevi perché g’ho fregg", diceva. Il medico gli consigliò che, se proprio non riusciva a non vedere il vino sul tavolo, che almeno lo accompagnasse con l’acqua. Barbéla la intese a modo suo. Metteva diligentemente la bottiglia d’ acqua minerale a debita distanza dal fiasco. Una volta onorato il vino, si decideva alla penitenza di bere un bicchiere d’acqua, specialmente in quaresima. Un giorno fu ricoverato d’urgenza: la cistifellea fitta di sassolini. Dopo l’operazione il chirurgo gli raccomandò "un sano rodaggio del fegato". Anche questa volta Barbéla l’intese a suo modo. Il giorno stesso delle dimissioni dall’ospedale disse alla moglie: "Ho voglia di polenta e cotechino: rodaggio". Fu di nuovo ricoverato dopo qualche anno. Stavolta il vino gli fu perentoriamente proibito. Barbéla immalinconì. Aveva sempre più freddo e non gli bastava più neppure il tabarro. Quando i familiari capirono che stava denicando senza speranza, gli concessero la busecca a San Bassiano. Lui volle gustarsela, come una volta, all’osteria. Lo trovarono addormentato sul tavolo. L’avventore che lo aveva visto ancora vivo con la caraffa alle labbra, l’aveva sentito dire: "Se l’acqua de Ada la füss vin, che bel negà!".