Il ritorno della Madonna del latte. L’opera di Marco d’Oggiono nel paese che ne porta il nome

Il dipinto del 1500 era custodito nella Pinacoteca Ambrosiana. Fu rubato nel ’51 e ritrovato nel 2021

Il ritorno della Madonna del latte. L’opera di Marco d’Oggiono nel paese che ne porta il nome

Il ritorno della Madonna del latte. L’opera di Marco d’Oggiono nel paese che ne porta il nome

OGGIONO (Lecco)

La figlia rapita è tornata a casa. Dall’altra sera la Madonna del latte, dipinta da Marco d’Oggiono, vissuto tra il 1470 e il 1524 circa, uno degli allievi prediletti di Leonardo da Vinci, è esposta nel paese del suo autore, che ne porta anche il nome. È la prima volta che lascia la Pinacoteca Ambrosiana, dove è custodita fin dal 1618, prima e dopo che venisse rubata nel 1951 per essere ritrovata nel 2021.

Ad accoglierla, anche il sottosegretario al ministero della Cultura Vittorio Sgarbi con la sottosegretaria all’Istruzione Paola Frassinetti. "È entusiasmante che il paese di Oggiono sia legato a un pittore che ne porta il nome – così Vittorio Sgarbi – Le opere di Marco d’Oggiono sono di grande eleganza. Abbiamo qui un’eredità di Leonardo arrivata fino a Oggiono". "Proseguiamo il percorso per rivalutare la figura di Marco d’Oggiono", spiega il sindaco Chiara Narciso. "È un po’ come il ritorno a casa di una figlia", aggiunge l’assessore alla Cultura Giovanni Corti. Tra gli ospiti anche il generale di brigata Giuseppe De Riggi, comandante della Legione dei carabinieri di Lombardia; l’onorevole Maurizio Lupi, fondatore di Costruiamo il Futuro cui si deve l’allestimento del viaggio artistico; il direttore delle Gallerie d’Italia Michele Coppola; il presidente dell’Ambrosiana Lorenzo Ornaghi.

L’opera è visitabile fino al 6 novembre, a ingresso libero, dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 19 e il sabato e la domenica dalle 9 alle 19. La Madonna del latte apparteneva alla collezione del cardinale Federico Borromeo e nel 1618 fu donata come lascito alla Biblioteca Ambrosiana. L’olio su tela di 59 x 39 centimetri fu dipinto attorno al 1505.

Daniele De Salvo