Brescia, 10 gennaio 2024 Una nuova doccia fredda per i lavoratori della ex Invatec-Medtronic di Roncadelle e Torbole. Il 5 gennaio, la Roncadelle Operations s.r.l, newco nata per la reindustrializzazione della Invatec-Medtronic, ha aperto la procedura di licenziamento collettivo per 39 dipendenti.
La vicenda era iniziata il 7 giugno 2018, quando la multinazionale aveva annunciato la chiusura dei siti produttivi di Roncadelle e Torbole. Il caso divenne nazionale, tanto che a Brescia arrivò anche l’allora ministro Luigi Di Maio; proprio il tavolo aperto al Mise arrivò all’individuazione del soggetto per la reindustrializzazione nell’agosto 2019.
Il progetto
Dal 1 febbraio 2021, Roncadelle Operation s.r.l ha quindi acquisito da Invantec spa tutto il personale, 201 dipendenti, per trasferimento del ramo d’azienda: obiettivo dichiarato era la reidustrializzazione per produrre un nuovo brevetto di siringhe monouso con ago retrattile e piena occupazione, per 60 milioni di investimento previsti.
"Il progetto non ha funzionato – hanno fatto sapere ieri Filctem Cgil Brescia, Femca Cisl e Uiltec Uil, che hanno dato notizia dell’avvio della procedura di licenziamento – ha subìto fermi, cambi di programma e di brevetto (da Retrago a Safer), rallentamenti nel periodo Covid, mancanza di materie prime e modifiche del piano industriale”.
Il flop
Già nel luglio 2022 era partito il contratto di solidarietà per 18 mesi (130 gli esuberi dichiarati allora), tempo previsto per gestire l’impatto sociale, con misure a sostegno quali mobilità volontaria incentivata e politiche di outplacemet, che però non hanno sortito risultati. Finito il contratto di solidarietà il 31 dicembre, è stato avviato il licenziamento per 39 dipendenti su 72, tutte persone della produzione, mentre l’azienda sembra voler puntare solo su ricerca e sviluppo.
"Il progetto di fatto è stato un fallimento: la siringa non si vende, molti sono i problemi e molti i difetti, molte le rivisitazioni. I 60 milioni di euro di investimento messi da Bci non hanno fruttato".
Il confronto al tavolo sindacale per la procedura di licenziamento è già stato attivato, ma le assemblee in questi giorni denunciano rabbia, sofferenza e preoccupazione. "Ci avevamo sperato. Alla fine a pagare sono sempre le lavoratrici. Resta, oltre al fallimento del progetto, la denuncia per l’assenza di una politica industriale nel territorio e, soprattutto, la difficoltà enorme di ricollocazione della forza lavoro femminile non più giovane".