"Emergerà la correttezza dei comportamenti della Pm"

Caso Yara e “depistaggi”, il procuratore difende l’operato del sostituto Letizia Ruggeri

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Da una parte si è deciso per l’archiviazione, dall’altra si è aperto un nuovo fronte da approfondire. Il gip di Venezia Alberto Scaramuzza, archiviata la posizione del presidente della Corte d’Assise Giovanni Petillo e della funzionaria dell’ufficio corpi di reato Laura Epis ora trasmette gli atti alla procura di Venezia relativamente al pm Letizia Ruggeri. Il punto principale contestato è lo stato di conservazione dei 54 campioni di Dna residui trasferiti, dopo i tre gradi di giudizio, dal San Raffaele di Milano all’ufficio corpi di reato a Bergamo.

Ora si chiama in causa il pm Ruggeri che, dopo quattro anni di inchiesta e prelievi del Dna a tappeto, nel 2014 risolse il caso dell’omicidio di Yara Gambirasio. Ma proprio Bossetti, condannato in via definitiva all’ergastolo, con i suoi difensori Claudio Salvagni e Paolo Camporini, aveva presentato una denuncia per frode processuale e depistaggio alla procura di Venezia. Sulla vicenda è intervenuto il procuratore di Bergamo, Antonio Chiappani. "Ho appreso da Adnkronos del provvedimento del gip di Venezia di trasmissione degli atti a quella procura perché provveda all’iscrizione nel registro notizie di reato del nominativo del pm Letizia Ruggeri per frode processuale in relazione alla conservazione dei 54 campioni residui di Dna rinvenuti sugli indumenti indossati da Yara. Resto francamente sorpreso che dopo 3 gradi di giudizio, dopo 7 rigetti dei giudici di Bergamo sia all’analisi che alla verifica dello stato di conservazione dei reperti e dei campioni residui di Dna, dopo che nei tre gradi di giudizio era stata respinta la richiesta difensiva di una perizia sul Dna, dopo la definitività della sentenza sopravvenuta nell’ottobre 2018 che ha accertato la colpevolezza dell’autore dell’omicidio di Yara, e dopo che era passato più di un anno da tale definitività, si imputi ora al pm il depistaggio in relazione alla conservazione delle provette dei residui organici, rimasti regolarmente crio conservati in una cella frigorifera dell’Istituto San Raffaele fino a novembre 2019, quindi oltre un anno dopo il passaggio in giudicato della sentenza della condanna, e solo successivamente confiscati come prevede il codice di procedura". Sempre il procuratore aggiunge: "Il provvedimento di Venezia arriva dopo che per altre due volte la Corte d’Assise di Bergamo aveva negato ai difensori l’accesso a tali provette e dopo che la procura di Venezia aveva chiesto l’archiviazione della posizione del presidente della Corte d’Assise di Bergamo e di una cancelliera a seguito della denuncia per depistaggio, e dopo che la Corte d’Assise di Bergamo aveva disposto la trasmissione degli atti a Venezia per la valutazione delle accuse di illegalità che la difesa di Bossetti aveva avanzato nei confronti della procura di Bergamo".

"Sono fiducioso che in sede di indagini emergerà la correttezza dei comportamenti tenuti dalla collega". Francesco Donadoni