REDAZIONE SONDRIO

Sevizia capra e uccide il piccolo: macellaio nei guai

Aveva sventrato una capra in avanzato stato di gravidanza, sottoponendola «a sevizie e indicibili sofferenze» di NICOLETTA PISANU

Tribunale di Sondrio (National Press)

Livigno, 18 marzo 2016 - Una capra seviziata, in un laboratorio che non rispettava le norme igieniche. Per il reato di maltrattamento di animali, previsto dall’articolo 544 ter del codice penale, G.V.B., sessantaquattro anni, ha patteggiato 14mila euro di multa. L’imputato, titolare di una macelleria di Livigno, secondo le accuse aveva sventrato una capra in avanzato stato di gravidanza, sottoponendola «a sevizie e indicibili sofferenze», come riportato nel capo d’imputazione contro il libero professionista. Nel febbraio 2014, l’indagato aveva infatti aperto l’addome di una capra incinta, senza prima stordirla con la pistola a proiettile captivo come invece prevede la procedura. Il gesto serviva al macellaio per procedere all’estrazione dall’utero dell’animale di due capretti prossimi alla nascita.

All'indagato era contestata anche la violazione della normativa europea 853 del 2004, che stabilisce le regole specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale, in quanto ha macellato la capra e uno dei due capretti in un laboratorio attiguo al suo market, che non è risultato a norma. Erano infatti presenti due parti di capra nella cella di refrigerazione e una parte di capretto nel deposito degli alcolici, tutte prive dell’obbligatorio bollo sanitario.

La linea difensiva del macellaio, che è stato assistito nella vicenda giudiziaria dal legale sondriese Nicola Marchi, ha sottolineato che «il gesto è stato fatto perché la capra stava morendo di parto, soffrendo molto – ha spiegato l’avvocato –. L'uomo ha quindi praticato un cesareo d’emergenza, riuscendo così a salvare uno dei due capretti. Mancava nel mio assistito l’intenzione di torturare e far del male alla capra». Quella notte secondo la difesa «è stato anche chiamato, direttamente dal mio assistito, un veterinario per intervenire», ha concluso Marchi. La scelta di giudizio è ricaduta sul rito speciale del patteggiamento. Riconosciuto dalle parti come più grave il reato di maltrattamento legato allo sventramento dell’animale, la pena finale è stata stimata in 14mila euro di multa.