
Il settore della ristorazione e pubblici esercizi è in ginocchio. Seppure sono concordi nell’affermare che la salute sia il bene primario e la questione sanitaria sia basilare, i baristi valtellinesi così come i ristoratori in generale sono molto preoccupati per un Dpcm che li penalizza oltremodo dopo che in primavera ed estate si erano adeguati, con un ingente esborso di denaro.
Il Coronavirus aveva dato loro una prima spallata a marzo ma quella di adesso rischia, per molti, di essere decisiva in senso negativo. "Non ci sono parole –dice Piero Ghisla, presidente provinciale dell’Associazione dei Pubblici esercizi -, tutto il settore della ristorazione è ora veramente in ginocchio. Il nuovo Dpcm e l’inclusione della provincia di Sondrio, così come della Regione Lombardia, nella "zona rossa" rappresentano un vero "disastro" per tutti gli esercenti. È una seconda mazzata dalla quale qualcuno purtroppo potrebbe anche non riuscire a risollevarsi, sono veramente preoccupato. È vero che la salute viene prima di tutto, ci mancherebbe, ma poi non si può essere ipocriti e bisogna dire che c’è anche la vita, la vita quotidiana, il dover mettere in tavola un pasto, come si dice. Noi siamo gente seria, sono certo che tutti rispetteranno le regole ma certamente abbiamo sperato fino all’ultimo in provvedimenti meno restrittivi". Qualcuno potrebbe trovare un po’ di "conforto" nel poter effettuare il servizio d’asporto? "I bar no, i ristoranti e le pizzerie sì, ma sappiamo tutti che l’asporto è sempre un’incognita. Un ristoratore deve pagare i dipendenti della cucina, cuoco e aiutanti, comunque e quindi indipendentemente da quanto riesca ad incassare con l’asporto. La speranza è che fra 15 giorni le cose migliorino e si esca dalla zona rossa e che presto si riesca a ripartire di nuovo. La situazione è difficilissima, ricordiamo che gli esercenti hanno anche tanti costì fissi che devono sostenere…". E gli aiuti sono stati e saranno veramente pochini, come ci ricorda Fabio Valli dell’Hotel Ristorante Combolo di Teglio. "È una situazione gravissima. Noi ci siamo adeguati una prima volta a marzo, chiudendo per due mesi, poi a maggio abbiamo sostenuto tante spese per adeguarci alle varie direttive emanate dal governo, riguardo al distanziamento, alla segnaletica da apporre all’ingresso e in sala, ai dispencer per igienizzare le mani, a tutta una serie di norme per garantire la sicurezza. Noi giustamente ci siamo attrezzati a dovere, perché la salute viene prima di tutto. E per noi ristoratori è sempre stato così, perché teniamo molto anche alla nostra, oltre ovviamente a quella dei nostri dipendenti e dei clienti. Ma tutti i nostri sforzi sono stati vani. A questo punto, infatti, arriva il Dpcm e ci fanno chiudere, quasi che bar e ristoranti siano luoghi di contagio, mentre sappiamo bene quali siano, per esempio il settore trasporti".
I ristori? "Dai, fanno ridere, a me non bastano nemmeno per pagare quanto speso per adeguarmi alle norme della scorsa primavera e dell’estate". Va un po’ meglio, si fa per dire, a chi può effettuare il servizio d’asporto come Alessandro Amadeo del Bar La Milanese di Sondrio. "È una brutta situazione, perché con l’ultimo decreto di gente ne girerà pochina… Noi ci salviamo, almeno parzialmente, con il servizio di asporto di gelati, torte e dolci. Fino alle 22 lavoriamo, ma sono preoccupato perché quanta clientela potremo avere in "regime" di lockdown?".
Fulvio D’Eri