REDAZIONE SALUTE

Sanità, terapia genica fetale in utero: ricerca getta le basi per curare malattie rare prima della nascita

Uno studio coordinato dall’Università di Milano e dall’Istituto Besta, testato sui suini, ha messo a punto procedura semplice per l’introduzione di un gene terapeutico nei primi mesi di vita, che si è diffuso negli organi dei nuovi nati senza rigetto o infiammazione

La terapia genetica in utero può correggere malattie rare prima che danneggino gli organi del nascituro

La terapia genetica in utero può correggere malattie rare prima che danneggino gli organi del nascituro

Milano, 21 luglio 2025 - In uno studio coordinato dall'Università degli Studi di Milano e dalla Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta, in collaborazione con il Policlinico di Milano e Avantea di Cremona, i ricercatori hanno messo a punto una procedura sperimentale per la somministrazione di terapie geniche in utero, che ha il potenziale di correggere i difetti genetici nei feti già durante la gravidanza. I risultati, pubblicati sulla rivista Gene Therapy del gruppo Nature, aprono la strada a interventi prenatali per le malattie genetiche congenite più gravi.

Terapia genica fetale in utero

La Terapia genica fetale in utero è una strategia innovativa per trattare le patologie ereditarie sin dalle prime fasi dello sviluppo fetale, prevenendo danni irreversibili agli organi e migliorando le prospettive di vita. Tuttavia, fino ad oggi la traduzione in clinica di questo approccio è stata limitata dalla prospettiva di interventi molto invasivi, da problemi tecnici, di sicurezza e dalla mancanza di modelli animali adeguati. Per superare queste barriere, il gruppo di ricerca ha sviluppato una procedura minimamente invasiva che utilizza una tecnica già in uso nella pratica clinica, l'iniezione ecoguidata transaddominale.

Terapia genica prenatale: gettate le basi

Applicata a suini -- animali scelti per la loro stretta somiglianza fisiologica con l'uomo -- questa procedura ha permesso di somministrare un vettore virale (AAV9) contenente un gene marcatore (GFP) direttamente al feto, attraverso la vena ombelicale o il cuore. "Il nostro obiettivo era dimostrare che una procedura semplice, sicura ed efficace può essere adottata in un modello animale rilevante per l'uomo, per gettare le basi della terapia genica prenatale" ha spiegato il dottor Dario Brunetti, coordinatore dello studio, docente del dipartimento di Scienze cliniche e di comunità dell'Università Statale di Milano e PI presso l'Istituto Neurologico Carlo Besta.

I nati dopo la procedura hanno mostrato un'ampia distribuzione del gene terapeutico in diversi organi, senza effetti collaterali significativi nè segni di infiammazione. Anche le madri hanno tollerato bene l'intervento, senza complicazioni. Lo studio dimostra che il sistema immunitario fetale non sviluppa una risposta avversa al vettore virale, un fattore cruciale per l'efficacia e la ripetibilità della terapia genica.

Testare terapie per malattie rare

Questo modello potrà così essere utilizzato per testare nuove terapie in malattie rare e devastanti come le malattie mitocondriali e altre patologie multisistemiche che iniziano già durante la vita intrauterina. Per il professor Nicola Persico, co-responsabile dello studio, docente del dipartimento di Scienze cliniche e di comunità dell'Università Statale di Milano e direttore della Diagnosi Prenatale e Chirurgia Fetale del Policlinico di Milano, la procedura "riproduce fedelmente le tecniche ecoguidate già adottate nella pratica clinica per trasfusioni fetali e altre terapie in utero. Questo rende la sua traduzione alla specie umana molto più vicina e concreta, perchè il know-how tecnico è già presente nei centri di medicina fetale. La prospettiva è quella di intervenire in modo mirato e sicuro sul feto, riducendo al minimo il rischio per la madre, e offrendo una possibilità terapeutica laddove oggi possiamo solo fare una diagnosi. Per la medicina fetale questa ricerca rappresenta un passo in avanti importante verso un cambio di paradigma: non più solo diagnosi e supporto alla gravidanza, ma possibilità di vere e proprie cure già durante la gestazione per patologie finora senza alternative".

Terapia neonatale arriva all’encefalo

Il dottor Duchi responsabile degli stabulari di Avantea (Cremona), che è l'unica azienda in Italia autorizzata a questo tipo di sperimentazione nei grossi animali e ha preparato e ottenuto la necessaria autorizzazione ministeriale per effettuare la sperimentazione, ha sottolineato l'importanza del modello suino per lo sviluppo preclinico di terapie per malattie di cui oggi non disponiamo di una terapia.

Queste evidenze dimostrano che "è possibile intervenire in una fase molto precoce della malattia che offre notevoli vantaggi rispetto alla terapia genica postnatale - ha spiegato Brunetti -, il danno ai tessuti non è ancora irreversibile, il sistema immunitario ancora immaturo diventa tollerante verso il gene esogeno, e la barriera emato-encefalica è ancora permeabile permettendo ai vettori virali di arrivare all'encefalo. Si tratta di un passo importante verso lo sviluppo di terapie innovative per i neonati affetti da malattie genetiche, con la prospettiva di migliorare radicalmente la loro qualità di vita".