REDAZIONE SALUTE

Radiofrequenza preferibile nella rimozione dei noduli tiroidei

Uno studio italiano ha messo a confronto le tecniche termoablative constatando che il laser è terapia meno efficace

Uno studio, primo al mondo, uscito da Campus Bio-Medico e Ospedale Santa Maria Goretti di Latina, ha valutato la tecnica più efficace per la termoablazione dei noduli tiroidei, scoprendo, a un anno dall’inizio dei trattamenti, che la radiofrequenza è preferibile al laser. Per eliminare questa patologia, oltre alla chirurgia tradizionale, è infatti possibile utilizzare trattamenti mini-invasivi effettuati tramite il rilascio di energia termica. Lo studio prospettico LARA ha messo a confronto per la prima volta l’efficacia delle due metodiche. Il lavoro è stato pubblicato sul Journal of Clinical Endocrinological and Metabolism, una delle più importanti riviste di endocrinologia al mondo.

Se è vero che entrambe sono efficaci, come già indicato in letteratura, dallo studio Laser Ablation versus Radiofrequency Ablation è emerso che la radiofrequenza garantisce una riduzione del volume del nodulo più significativa dopo un anno dal trattamento. La riduzione del nodulo arriva al 70 per cento nella radiofrequenza contro il 60 del laser. E tutto con una sola seduta per risultati rapidi e duraturi nel tempo.

"Le metodiche termoablative rappresentano il presente e il futuro della gestione terapeutica dei noduli tiroidei benigni non funzionanti. In mani esperte una singola sessione di trattamento è in grado di ridurre il volume di partenza del nodulo tiroideo di circa il 70% con un basso tasso di complicanze peri e post procedura", afferma Roberto Cesareo, il direttore dell’Unità Operativa Malattie metaboliche e gestione del paziente cronico riacutizzato dell’Ospedale Santa Maria Goretti di Latina.

I vantaggi di tali procedure derivano inoltre dal basso numero di complicanze, dalla riduzione dei costi e dalla possibilità di eseguirle in regime ambulatoriale. "LARA ha messo a confronto due metodiche, entrambe sono efficaci e con effetti collaterali limitati – ribadisce Andrea Palermo (nella foto), responsabile del servizio di Patologia tiroidea dell’area di Endocrinologia del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico -. Possono ridurre il tasso di operazioni chirurgiche per patologie benigne. I noduli che sembrano rispondere meglio alle tecniche ablative sono quelli solidi o misti con prevalente componente solida".

Inoltre, rispetto alla chirurgia tradizionale, le tecniche termoablative non lasciano alcuna cicatrice e conservano la funzione della ghiandola tiroidea quasi sempre intatta, motivo per cui il paziente non deve iniziare terapia sostitutiva con ormone tiroideo. Molto comuni, si riscontrano più frequentemente nel genere femminile. La diagnosi è incrementata nel corso degli anni in gran parte grazie alla disponibilità di tecniche diagnostiche come ecografia del collo, TAC, risonanza magnetica. Più del 90% di questi noduli sono benigni: la maggior parte non dà sintomatologia clinica evidente e, solitamente, non richiede alcun trattamento. In una piccola parte dei casi la crescita del nodulo benigno risulta significativa al punto da determinare fenomeni di natura compressiva con conseguente difficoltà di deglutizione dei cibi o dei liquidi, raucedine o modificazioni del tono della voce, difficoltà respiratoria eo alterazione del profilo estetico del collo. In quei casi diventa necessario un trattamento.