Manipolazione contabile e connivenza dei conferitori di uve: così, secondo le accuse, si sarebbe concretizzata la frode in commercio emersa a gennaio 2020 nell’ambito dell’inchiesta Dioniso che martedì ha portato al sequestro preventivo di beni per circa 740mila euro a tre indagati della Cantina sociale di Canneto. La presunta frode del vino vede coinvolti in tutto 34 tra ex dirigenti, enologi, mediatori vitivinicoli, imprenditori agricoli e conferitori di uve. Secondo le accuse avrebbero gestito ad arte i documenti contabili e fiscali relativi alle uve conferite per creare le condizioni utili a realizzare le quantità di vini pregiati richieste dal mercato usando in realtà materiale diverso da quello dichiarato.
Il 3 ottobre 2019 per esempio, secondo le accuse, in accordo con il titolare di un’azienda agricola, alcuni indagati avrebbero dichiarato l’avvenuto conferimento in cantina di 3.830 chili di uva Riesling Igt, ma in realtà per gli acquirenti questo passaggio non sarebbe mai avvenuto. Lo stesso sarebbe avvenuto con la connivenza dello stesso imprenditore agricolo anche il giorno prima, relativamente a 8.520 e mezzo di bonarda Oltrepo Pavese Doc, quantità dichiarata che però per gli investigatori si discosterebbe dai reali 4.960 chili e due giorni dopo, il 5 ottobre 2019 d’accordo con un diverso titolare di azienda agricola avrebbero dichiarato il conferimento di 4.770 chili di uva bonarda Oltepo Pavese Doc. Il vino prodotto dalla cantina viene immesso nel mercato con diversi canali e brand, anche all’estero (Danimarca, Regno Unito, Usa per esempio). Secondo gli investigatori, la prassi di creare un ammanco rilevante di giacenze rispetto a quanto indicato nei registri permetteva di utilizzare vini di scarso pregio per realizzare le quantità di vini Igt, Dop, Doc o Bio richiesti dal mercato, oppure utilizzare lo "zucchero invertito" che miscelato all’acqua consente di produrre vino scadente.
Nicoletta Pisanu