MONZA – Stella Boggio, la donna accusata dell’omicidio del compagno Marco Magagna nella notte di martedì, ha lasciato il carcere per andare agli arresti domiciliari a casa dei genitori. L’ha deciso il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Monza Marco Formentin, che giovedì mattina ha tenuto l’udienza di convalida dell’arresto eseguito dai carabinieri. Alle 9.30 al Palazzo di giustizia è arrivato puntuale il furgone della polizia penitenziaria che ha accompagnato la 33enne dalla sezione femminile della casa circondariale di San Vittore a Milano e pochi minuti prima delle 10 la donna è entrata nell’ufficio del giudice, dove ha parlato, spesso interrotta dal pianto, per poco più di un’ora, ribadendo la sua versione della legittima difesa messa in atto dopo un’aggressione da parte del compagno in seguito all’ennesima lite violenta. Liti che esplodevano, a suo dire, quando il 38enne, molto geloso, eccedeva con gli alcolici.
A chiedere la misura cautelare alternativa alla custodia in carcere, voluta dalla Procura, è stato l’avvocato Manuel Messina, difensore dell’indagata per omicidio volontario aggravato dall’uso dell’arma da taglio e madre di un bambino di 8 anni, avuto da una precedente relazione. “La decisione del giudice aiuterà Stella, che è molto provata, così come i suoi familiari”.
In Tribunale si sono anche presentati i genitori di Stella Boggio e la sorella che, a più riprese, è scoppiata in lacrime. Anche i familiari confermano le presunte violenze subìte da Stella. Ora la potranno riabbracciare e tenere con loro tra le mura domestiche in attesa che le indagini facciano il loro corso. Nessun commento dall’avvocato sulla circostanza, raccontata da un amico della vittima, secondo cui la 33enne già il 27 dicembre scorso avesse accoltellato Marco Magagna ferendolo a una mano.
Gli amici stretti e alcuni colleghi di lavoro di Marco Magagna, cresciuto ad Arese dove lavorava come impiegato alla FMA, “Forgiatura Moderna Arese“, non credono alla versione dei maltrattamenti raccontata da Boggio. Racconta uno di loro, che lo conosceva sin da ragazzino: “Marco era solare, educato, sempre con il sorriso stampato in bocca, gentile con tutti, e sono sicuro che chiunque lo conosceva dirà la stessa cosa, non perché lo dico io, ma perché lui era così. Un ragazzo d’oro, io ancora oggi non ci credo a quello che gli ha fatto quella donna”.
Parole forti, parole dure. “Lei ci aveva già provato il 27 dicembre a uccidere Marco e lui era stato accompagnato da un altro nostro amico in pronto soccorso”. Non ne era emerso nulla. “Non l’aveva denunciata perché era troppo preso da lei”. Troppo innamorato? “È per questo che l’aveva perdonata e ha messo una pietra sopra a quello che lei aveva fatto appena pochi giorni prima. La sera del 6 gennaio Marco era rimasto a casa e aveva cucinato la cena per lei e poi… è successo quello che è successo”. Se nessuna denuncia era stata presentata dall’uomo per la presunta coltellata del 27 dicembre, la compagna sostiene a sua volta di non avere mai denunciato le supposte precedenti aggressioni “per tutelare la serenità” di suo figlio. Elementi che ora sono al vaglio dei carabinieri.
Si attendono intanto anche i risultati dell’autopsia eseguita sulla salma del 38enne, che dovranno confermare se l’uomo sia stato davvero raggiunto da un unico fendente mortale al cuore come raccontato dalla compagna e ricostruito dai primi accertamenti. I militari, coordinati dal pm monzese Alessio Rinaldi, stanno anche interrogando amici e conoscenti della coppia per approfondire quale fosse il rapporto tra i due ed è stata anche disposta l’analisi sui telefonini per risalire ad eventuali messaggi che possano testimoniare la natura tossica della loro relazione, iniziata un anno e mezzo fa e coronata lo scorso maggio in prove di convivenza nella mansarda in via Tonale a Bovisio Masciago della donna.