Vimercate, ricatto a luci rosse a due preti: la banda vuole patteggiare

Intanto la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per i nove arrestati

Alcuni degli arrestati hanno risarcito le vittime

Alcuni degli arrestati hanno risarcito le vittime

Vimercate (Monza Brianza), 23 maggio 2020 - Chiesto il rinvio a giudizio per la squallida vicenda di ricatti a luci rosse che ha visto coinvolti anche due parroci. E all’orizzonte si profila una raffica di patteggiamenti dopo la concessione degli arresti domiciliari. Dovranno presentarsi l’11 giugno all’udienza preliminare, su richiesta del pm  Marco Santini, i 9 arrestati per una serie di estorsioni che ha visto coinvolti anche due parroci, uno del Vimercatese e uno della Bergamasca, intercettati attraverso una chat erotica e sorpresi durante gli incontri con ragazzi, che si fingevano minorenni per incutere più terrore nelle loro vittime. Bottino complessivo 16mila euro sborsati dai due sacerdoti.

Il prete della provincia di Bergamo ha sporto denuncia, portando i militari a una prima serie di arresti un anno fa in Romagna, dove i presunti estortori si erano recati a spendere i soldi raccolti in serate in discoteca, bottiglie di champagne e auto di lusso. Il prete del Vimercatese, invece, per la paura non ha mai denunciato l’estorsione e ha preferito cambiare parrocchia, auto e numero di telefono per fare perdere le sue tracce. Tra le vittime anche una mamma 53enne del Vimercatese che voleva comprare la patente di guida al figlio e ha finito per sborsare 80mila euro perché credeva di essere caduta tra le grinfie di una banda di mafiosi. Invece gli estortori erano un gruppo di ragazzi che hanno tra i 19 e i 23 anni, residenti a Bernareggio e in provincia di Lecco. I giovanotti si facevano aiutare da un 57enne residente a Casatenovo e da un 42enne di Viganò nel Lecchese, anche loro raggiunti dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere a gennaio. Alcuni hanno già offerto un risarcimento dei danni alle vittime in vista della richiesta di patteggiamento, che dovrà essere valutata dal giudice. Tra gli indagati figura persino una ragazza. Per le estorsioni a luci rosse i ragazzi, secondo gli inquirenti, andavano a cercare le vittime sui siti di incontri come Bakeka oppure si iscrivevano a chat erotiche, come la app Romeo, pubblicizzata come "la community per i gay che vogliono trovare amici o un compagno".

Secondo gli inquirenti i due casi di estorsione sono solo la punta di un iceberg. "Le indagini hanno fornito conferma che non si tratta di casi isolati, inserendosi invece in un più ampio contesto criminale, nel quale opera una moltitudine di soggetti - si legge nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dalla gip Silvia Pansini - specializzati nel farsi consegnare ingenti somme di denaro dietro minaccia di rendere pubbliche situazioni di illegalità o immoralità riferibili alle persone offese".