Tutte le vite di una notte sbagliata

L'attore Marco Baliani porta in scena uno spettacolo che esplora la fragilità umana e l'accanimento contro la diversità, invitando il pubblico a riflettere sul valore della sacralità del vivente. Un'opera che mette in luce le pieghe nascoste della psiche e delle pulsioni, spingendo a una profonda riflessione sulla società contemporanea.

Tutte le vite di una notte sbagliata

Tutte le vite di una notte sbagliata

“Una notte sbagliata“: l’attore, regista e autore Marco Baliani (nella foto), uno degli esponenti più importanti del teatro di narrazione, in scena oggi alle 21 al teatro Manzoni, anche nel dopo-spettacolo. Sarà un momento in cui Baliani proporrà un incontro-dibattito con il pubblico. "Questo spettacolo – racconta Baliani – porto in scena il corpo di un essere umano già fragile, corpo che in quella notte (che solo dopo chiameremo “sbagliata“ e capiremo perché), diventa un capro espiatorio su cui accanirsi. Entrare e uscire dalle teste e dai corpi dei protagonisti notturni della vicenda, compreso un cane, è stata la mia gimkana attorale, obbligandomi a continui cambi percettivi e linguistici, dentro una rete di rimandi sonori e anche visivi".

Già nel precedente spettacolo - “Trincea“ - Marco Baliani aveva sperimentato una condizione simile come attore. Qui la ricerca è proseguita, specie nella costruzione del linguaggio, fino a uscire dal contesto narrativo centrale e aprire il flusso delle parole e dei pensieri ad altri scenari, in un “arazzo psichico“ che sposta di continuo il focus della vicenda, costringendo lo spettatore non solo a viverla emotivamente, ma a farsene carico anche ragionandoci sopra. Lo spettacolo non vuole essere la cronaca di uno dei tanti episodi di accanimento contro la diversità, non è dunque un teatro civile, ma piuttosto un mettere il dito dentro le pieghe nascoste della psiche e delle pulsioni.

"Mi sembra di vivere in un tempo in cui la sacralità del vivente, la sua inviolabilità biologica si è incrinata e compromessa – continua Baliani –. Forse quando da cittadini siamo diventati consumatori qualcosa di quella inviolabilità si è dissolta. I corpi sono diventati merce e devono rispondere agli stessi requisiti di efficienza e di splendore delle altre merci, altrimenti entrano nella categoria dei perdenti, degli scarti". Accenna poi ai corpi “stranieri“, da cui guardarsi, che con la loro sola presenza incrinano la falsa luminosità del quotidiano, corpi da cacciare via, da odiare, di cui si può dunque abusare. L’autore si dice spaventato da questa deriva disumana: "Mi inquieta, e il teatro – conclude l’attore – è l’unico modo che conosco per condividere questa mia inquietudine con la comunità degli spettatori e sentirmi così meno solo e meno impaurito". Informazioni su www.teatromanzonimonza.it. Biglietti a 23 euro.

Cristina Bertolini