DARIO CRIPPA
Cronaca

Il truffatore di preti smascherato in Brianza

Il parroco di Biassono, turlupinato da un malversatore autore di 300 raggiri a curati di campagna in mezza Italia,riuscì a incastrarlo

Il truffatore colpiva i preti

Biassono (Monza e Brianza), 24 maggio 2020 - Come padre Brown. Come don Matteo. Perche’ una volta - certo - lo aveva ingannato. Guai pero’ a illudersi di essere piu furbi di un prete dotato di prontezza, ingegno e buona memoria. Per raccontare questa storia accaduta piu’ di cinquant’anni fa in Italia e arrivata al suo incredibile smascheramento proprio in Brianza, è bene partire da una data: 15 gennaio 1965.

Quel giorno a casa dell’allora parroco di Biassono si era presentato un sedicente rappresentante commerciale. Molto convincente e dotato di eccezionale parlantina, 37 anni di eta’, aveva raccontato di lavorare per conto di una importante casa editrice milanese. L’affare che era venuto a proporre era abbastanza semplice: si trattava di acquistare una grossa enciclopedia ecclesiastica, fatta come Dio comanda - si perdoni l’ironia - e da pagare in comode rate. Attingendo alle proprie eccezionali doti oratorie, il rappresentante era riuscito a convincere il curato a sborsare la cifra di 25mila lire come anticipo per un’opera che gli sarebbe stata consegnata nel giro di un mese. Purtroppo, però, non c’era nulla di vero e il parroco se ne era reso conto quando aveva notato che i mesi passavano e di quella preziosa enciclopedia non si era vista neppure l’ombra. Il parroco, forse con ancora un barlume di speranza, forse per una comprensibile ritrosia, era rimasto in attesa.

Sino a quando la notizia che il sacerdote era stato con ogni probabilità vittima di una truffa non era giunta alle orecchie dei suoi compaesani e di qui era arrivata sino alla caserma dei carabinieri di Macherio e al suo comandante. Il maresciallo aveva iniziato allora a indagare sotto traccia per vedere di capirci qualcosa di più. Ed era stato lo stesso parroco a indirizzare sulla pista giusta le indagini, rivelando insospettabili doti investigative. Il sacerdote aveva infatti mostrato al maresciallo un foglietto, sul quale aveva scarabocchiato un numero. Si trattava del numero di patente del truffatore. Il finto rappresentante, al quale era stato chiesto di esibire un documento di identità, aveva commesso l’errore di fidarsi dell’apparente bonomia del prete e aveva tirato fuori la propria patente. E lesto e senza farsi scoprire il sacerdote ne aveva trascritto il numero che poi aveva tirato fuori al momento giusto per mostrarlo al maresciallo. A questo punto, per il carabiniere, era stato un gioco da ragazzi rintracciare il truffatore. Anche se forse non si sarebbe mai aspettato di trovarlo già rinchiuso nella cella di una prigione, a Padova, dove stava scontando una delle tante condanne accumulate nella sua carriera di truffatore.

Messo a confronto con il maresciallo di Biassono, il finto rappresentante aveva candidamente ammesso le proprie responsabilità, raccontando una serie di truffe simili a quella perpetrata a Biassono e che avevano come tratto comune quello delle loro vittime: curati, m,eglio se di campagna, prpbabilmente ritenuti più “sempliciotti” e pescati con attenzione in minuscole parrocchie di mezza Italia. Biassono era il primo comune dell’allora provincia di Milano in cui aveva deciso di andare a colpire, con il chiaro intento di proseguire in quel territorio. Non fosse stato per l’arresto avvenuto in Veneto, avrebbe dunque proseguito con l’obiettivo di stabilire un record personale e andare a colpire in tutte le allora novantadue province italiane. Quella di Milano era la trentesima, ma i suoi sogni di gloria si erano infranti davanti a un paio di manette e a alle sbarre di una cella che si chiudeva alle sue spalle a Padova.

L’epilogo della vicenda potrebbe apparire deludente. Con la decisione di non doversi procedere per intervenuta amnistia, infatti, il pretore di Monza, dottor Nicola Laudisio, mette la parola fine a un procedimento penale, raccolto in un voluminoso dossier intestato all’accanito truffatore, accusato di aver truffato circa 300 parroci sparsi in 29 province. Al processo celebrato a Monza, peraltro, il truffatore non si era neppure presentato, dato che in quel momento stava scontando appunto un’altra condanna, a un anno e nove mesi di reclusione, nel carcere di Padova.