
L’indagine della Dda di Catanzaro
Compravano, ma poi non pagavano, merce per migliaia di euro da aziende di tutta Italia, alimentari e non solo, che poi rivendevano in Calabria e i proventi servivano anche al "mantenimento dei carcerati". Una presunta truffa, architettata con la società “Alipadania”, dietro cui si celava un supermercato a Pogliano Milanese, che ha mandato agli arresti domiciliari Fortunato Mesiano, 50enne, nato a Vibo Valentia e residente a Biassono, tra i 22 arrestati nell’indagine sulla ‘ndrangheta della Dda di Catanzaro che ha inferto un duro colpo al clan di Gagliano. Secondo la gip del Tribunale di Catanzaro Gilda Danila Romano, che ha firmato le ordinanze cautelari, "l’operato degli indagati va ben oltre il mero inadempimento contrattuale per avere omesso il pagamento di merce ordinata e ricevuta", ma si tratta di "una preordinata macchinazione per realizzare una realtà societaria e imprenditoriale che avrebbe operato nel settore fittizio dei supermercati e non solo, così da creare una scatola vuota con un fittizio amministratore, chiamato solo al momento di interagire con gli uffici e di firmare gli atti, al fine poi di gestire personalmente loro la contrattazione con i fornitori, l’allocazione dei colli via via ricevuti, la rivendita nelle loro imprese o rivendita a terzi venditori".
Il modus operandi era il "pagamento regolare dei primi ordini, o utilizzando modalità che consentivano un pagamento posticipato, fino a poi non pagare più, rispondendo falsamente ai creditori, inventando scuse fino a sparire dalla circolazione". Tra le aziende fornitrici coinvolte, oltre a tante cooperative alimentari, anche noti marchi di vendita di acque minerali, gas e petroli. Tutti diventati creditori nella procedura di liquidazione giudiziale di Alipadania srl davanti al Tribunale di Novara. Ma risulterebbe una scatola vuota la società, creata per "l’apertura di un supermercato che fungesse da soggetto giuridico ordinante i beni di più disparata varietà, che venivano poi trasportati in Calabria e reimmessi in vendita nelle loro aziende".
Il “braccio lombardo” è indicato in Michele Maccherone, residente nella Bergamasca, ritenuto "colui che di fatto gestisce tutta l’operazione, lamentandosi alla fine che non erano questi gli accordi, visto che nessuno si era mai recato su" dalla Calabria. È ritenuto lui quello che "interagisce con tutti i fornitori, è lui che finge di essere il titolare sia nella fase positiva dell’attività di acquisto sia poi quando viene contattato dai creditori che pretendono i pagamenti. Inoltre continua a dare il falso nome e lo fa addirittura con i carabinieri che iniziavano a essere contattati dalle ditte fornitrici". Fortunato Mesiano "partecipa associandosi a Maccherone, insieme a lui è attivo in Lombardia e poi ha una realtà imprenditoriale su Vibo Valentia dove porta e rivende personalmente parte della merce".