
Cancellata dal colpo di spugna della prescrizione una truffa da 350mila euro che si sarebbe nascosta dietro lo specchietto per le allodole di finanziamenti aziendali internazionali a sei zeri da ottenere attraverso società di diritto inglese. Questa la sentenza che ha dovuto emettere, a dibattimento ancora in corso, la giudice del Tribunale di Monza Letizia Brambilla nei confronti di 8 imputati in concorso accusati di avere agito nei confronti di una decina di imprenditori di varie parti di Italia, da Roma a Milano alle province di Bergamo, Brescia, Torino, Genova, Biella che a vario titolo avrebbero versato complessivi 355mila euro, soldi che non hanno più rivisto, come non hanno mai visto un euro dei finanziamenti milionari a cui erano interessati. Alcuni di loro si erano costituiti parti civili per ottenere un risarcimento dei danni. Come Emilio B., 70enne del Bresciano titolare di un’azienda di utensileria che conta 100 dipendenti. "Mi sono reso conto quasi subito di essere stato un pirla perché la storia dei finanziamenti era una bufala, ma ormai i soldi erano già spariti dalla banca di Monza. Un mio conoscente mi aveva parlato di un progetto per fare pale eoliche in Basilicata attraverso una società che avrebbe dato profitti, ma che doveva essere sostenuta nelle spese per ottenere il finanziamento per il progetto pari a quasi 33 milioni di euro - ha raccontato in aula - Io ho fatto un bonifico di 45mila euro, poi ho pagato altri 15mila euro per spese di consulenza e pure i biglietti aerei per andare alla riunione decisiva a Londra dove avremmo dovuto avere i dettagli sul finanziamento e che invece è saltata perché il personaggio chiave della vicenda, che non ho mai conosciuto, era assente. Mi avevano detto che i soldi anticipati mi sarebbero stati restituiti, invece sono spariti tutti. Non ho ascoltato le banche e il commercialista che mi avevano detto di lasciar perdere perché si trattava di un progetto fantascientifico".
Quando i beneficiari dei finanziamenti avevano iniziato a preoccuparsi, erano stati rassicurati da un sedicente dirigente di un’importante società di revisione di Lussemburgo sulla bontà dell’operazione, garantita anche attraverso l’apertura di un conto corrente in Svizzera. Ideatore del raggiro, partito da una società monzese, è, secondo l’accusa, M.C., 67 anni, che risulta residente nel Foggiano (imputato insieme alla moglie venezuelana di 58 anni) la cui posizione è stata stralciata, ma è destinata a finire a sua volta in prescrizione perché i fatti contestati risalgono al 2013. Tra gli altri imputati figuravano milanesi, trevigiani e bresciani e anche due brianzoli, G.P., 60enne di Arcore, ritenuto socio di M.C. e una commercialista di Usmate Velate, T.V., 40enne. Per due di loro era stata chiesta l’assoluzione, ma la giudice ha decretato di non doversi procedere per prescrizione.
S.T.