Quattro ragazzi che cercano il loro posto nel mondo e una società feroce che non accetta la contestazione, la diversità.
È con questo film, un intenso cortometraggio intitolato “Nero Argento“, che il regista monzese Francesco Manzato ha trionfato a Venezia alla 39esima edizione della Settimana Internazionale della Critica, vincendo il premio per la Miglior regia nella sezione parallela, riservata ai corti, dell’81esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica.
Il 28enne originario di Monza ha ottenuto il riconoscimento "per un lavoro – recita la motivazione – che lascia la profonda curiosità di vedere cosa seguirà". L’opera tratta un argomento caro al regista, già autore di altri cortometraggi e di documentari, il difficile passaggio dall’adolescenza alla maturità. "Nei miei corti tratto il passaggio dall’adolescenza all’età adulta – spiega Manzato –. Così ho sviluppato questo tema: 4 ragazzi, writer, nel bosco al limite della ferrovia, che passano assieme una lunga notte. Sono 24 ore narrate nel film, racconto quel sentimento di ricerca di una propria identità e di un proprio posto nel mondo. In questo corto ho voluto raccontare anche un mondo un po’ più feroce, parlando del fatto che tanti sogni si infrangono, che non si può essere spensierati per sempre. Ho messo a fuoco la linea d’ombra del passaggio alla vita adulta".
Ma nel film c’è anche altro. "C’è pure un incontro notturno con un’ombra, una metafora per parlare di un mondo che è sempre più feroce, in questo periodo storico ancor di più, specialmente in Italia – dice il regista –. È un voler cercare di capire cosa vuol dire essere giovani in Italia e non sentirsi allineati: oggi nel nostro Paese c’è un mondo molto poco disponibile ad accettare le diversità e le contestazioni. A Monza, ad esempio, nell’ultimo anno gli spazi per i ragazzi sono mancati, penso ai 5 sgomberi del centro sociale Boccaccio. In questo senso il mio è un film sia poetico che politico".
La vetrina di Venezia è stata importante anche per questo. "Sono felice che esistano situazioni come la Settimana Internazionale della Critica che danno un segnale, prendendo film molto liberi e punk, non facilmente catalogabili, come il nostro, e con una giuria coraggiosa che ha deciso di premiarci – sottolinea Manzato –. Anche il corto che ha vinto il premio come Miglior film parla del decreto anti-rave. Quindi c’è un mondo della cultura che si sta interrogando. La contestazione è importante: la persona che sei la diventi pure così. Se devo guardare da dove arriva tanta parte della mia formazione, arriva da questo mondo e probabilmente senza di essa non sarei andato a Venezia". Come è stata l’esperienza in Laguna? "La Settimana Internazionale della Critica da sempre mi piace, fin da quando ero studente – racconta –. Ci arrivano opere di registi emergenti, e quindi di autori giovani. Vedevo questi ragazzi che proponevano le loro opere e un po’ c’era il sogno di arrivarci pure io".
"Quando ricevi l’e-mail che ti dice che ti hanno selezionato per la Sic è la realizzazione di un sogno. La Settimana della Critica dà molto spazio e la giusta importanza agli autori, facendone parlare: è bello perché porti con te i ragazzi che hanno partecipato al film, che hanno dato tanto e così riesci a restituire un po’ di gioia. Il cinema è l’arte più collettiva in assoluto, è un confronto. La situazione che si vive alla Sic ripaga dell’impegno e del lavoro svolto".
Manzato ha fatto del cinema la sua professione. Finora ha girato documentari o cortometraggi e in precedenza sempre a Venezia ha vinto il Premio Rai Cinema Channel. "La passione per il cinema ce l’ho dal liceo, dai tempi dello Zucchi – ricorda –. All’università mi sono iscritto a lettere moderne in Statale, perché volevo avere una formazione più ad ampio spettro, e mi sono laureato con una tesi in storia e critica del cinema. Poi mi sono fatto un po’ le spalle da solo. Già all’università, insieme ad altri due ragazzi, avevo girato un documentario sulla scena punk hardcore intitolato “Uragano negli occhi“. Lì ho iniziato ad approfondire gli aspetti tecnici. Successivamente ho realizzato il cortometraggio “Letizia“, con cui ho vinto il Premio Rai Cinema Channel e ho iniziato ad andare ai festival. Con “Letizia“, che è passato quest’estate in tv su Rai5 ed è disponibile su RaiPlay, ho capito che cinema volevo fare: io lavoro sempre con ragazzi che non sono attori professionisti e che fanno parte di solito del territorio monzese".
Così è stato anche per “Nero Argento“. "Il corto è girato tra Monza, Sesto San Giovanni e un bosco ad Agrate. Voglio raccontare storie che appartengono alla mia quotidianità. Sono film molto reali, in cui poi c’è sempre un elemento di surrealtà".