
Ai vicini saranno pagati i danni
Monza, 23 gennaio 2019 - Ha denunciato i vicini di casa delle case comunali per stalking condominiale, ma era stata lei a scrivere i velenosi biglietti anonimi con insulti e minacce. Così una 68enne è passata dalla ragione al torto: la giudice del Tribunale di Monza Letizia Brambilla ha assolto gli imputati e ha condannato la donna a pagare le spese del processo e un risarcimento di 30 mila euro a ciascuno dei malcapitati.
Ma non è finita qui. Il giudice trasmetterà gli atti del dibattimento alla Procura di Monza perchè proceda per calunnia nei confronti dell’inquilina molesta e pure al Comune di Monza perchè sarebbe emersa una falsa separazione tra lei e il marito che avrebbe permesso alla coppia di avere un’altra abitazione popolare, dove invece vivrebbe la loro figlia. Queste le conseguenze del colpo di scena che si è verificato al processo dove un’intera famiglia si trovava alla sbarra per soprusi nei confronti di altri 6 inquilini. Tutti residenti in via Bramante da Urbino a Monza.
Imputati al dibattimento un 56enne, la moglie 55enne, i due figli maschi di 27 e 24 anni e persino la moglie del primogenito. Presunte vittime un 78enne, la moglie 68enne, la figlia 48enne (che si erano costituti parti civili al processo per ottenere un risarcimento dei danni) e altri 3 condomini che erano invece solo parti offese. Secondo l’accusa, i presunti atti di stalking condominiale erano iniziati nel 2012. Al centro delle accuse "un perdurante e grave stato di ansia e paura" tale da provocare ad una delle coinquiline, una donna 72enne, "bruschi rialzi pressori" nonchè "un fondato timore per la loro incolumità e per quella dei loro familiari" a carico delle presunte vittime prese di mira, che li costringeva "a cambiare le loro abitudini di vita e di lavoro".
Costretti a muoversi con cautela all’interno del condominio, a limitare le uscite, a modificarne gli orari. Per non incappare nella famiglia di persecutori. Accusata anche di una serie di biglietti anonimi manoscritti con messaggi "dal contenuto volgare, offensivo e intimidatorio", alcuni anche di tono razzista o di scherno rispetto a difetti fisici, trovati dalle vittime davanti alle porte delle loro case o nelle cassette della posta.
Ma a sorpresa una perizia grafologica ha concluso che la mano che ha scritto le ingiuriose parole è quella della 68enne parte civile. Lei ha sempre negato, ma da allora le missive sono cessate. La sua famiglia e il suo difensore hanno tentato di giustificarsi sostenendo che la donna soffre di depressione e hanno offerto di rimettere le querele. Ma gli imputati non hanno accettato. E ora stanno valutando se presentare loro una denuncia per stalking.