I 30 anni di Salute Donna, la missione delle volontarie: “La malattia è solitudine, doniamo aiuto e sorrisi”

Anna Mancuso fondò l’associazione a Monza 8 mesi dopo la diagnosi del primo tumore al seno. “Volevo che la sofferenza vissuta sulla mia pelle venisse risparmiata alle altre pazienti”

L’associazione Salute Donna conta 300 volontarie in 25 comuni di 7 regioni d’Italia e collabora con 19 ospedali

L’associazione Salute Donna conta 300 volontarie in 25 comuni di 7 regioni d’Italia e collabora con 19 ospedali

Monza - «Quando mi diagnosticarono il primo tumore al seno era il 1993. Oltre ai medici non c’era nessuno che ti sostenesse. Ti ritrovi a vivere la malattia in solitudine. Ecco perché a distanza di otto mesi da quella diagnosi decisi di fondare un’associazione. Decisi di chiamarla Salute Donna". Semplice e diretto. Come Anna Mancuso, la fondatrice e la presidente da quel 1994 che ha fatto la storia.

Sono passati 30 anni. Un viaggio iniziato "in un locale dell’allora Ussl 29 di Monza, con il supporto del direttore amministrativo Rosario Lo Forte, amico dell’associazione e sostenitore della prima ora – ricorda Mancuso –. A quell’epoca le donne malate di cancro vivevano in solitudine, c’erano pochissime associazioni che se ne occupavano. E nel tempo è nata anche la sezione “Salute Uomo“, perché per il tumore al seno colpisce pure molti uomini". E oggi l’associazione ha deciso di condividere pubblicamente il traguardo raggiunto. Che poi è solo una tappa. Il 31 maggio nell’Auditorium Gaber di Palazzo Pirelli a Milano.

«Per noi è un traguardo importante, motivo per cui saremo felici di condividerlo con tutte le istituzioni, gli amici, professionisti, aziende che in questi anni ci sono stati vicini, un momento dove i volontari di tutte le sezioni saranno in prima linea a testimoniare il lavoro giornaliero fatto negli ospedali e sul territorio – l’orgoglio della presidente –. Festeggeremo i trent’anni in una sede istituzionale per sottolineare la necessaria integrazione fra istituzioni e mondo del volontariato. Loro accolgono noi e noi accogliamo loro".

Le esperienze personali di chi è sopravvissuto al cancro erano e sono di grande esempio e conforto per i malati: "Oggi possiamo dire di essere state le pioniere a promuovere e garantire assistenza e aiuto a chi si trova ad affrontare un percorso di vita tortuoso segnato dalla malattia". Tanti i riconoscimenti ricevuti negli anni dalle istituzioni: tra i più significativi l’Attestato di benemerenza civica nel 2003 conferito dall’allora sindaco di Milano, Gabriele Albertini in occasione della consegna degli Ambrogini d’oro, Il premio Rosa Camuna del 2016 conferito dall’allora presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, il premio al Volontariato del 2021, conferito dall’allora presidente del Senato della Repubblica, Maria Elisabetta Alberti Casellati, per la presenza capillare accanto alle donne con patologie oncologiche, grazie a iniziative di prevenzione, consulenza e formazione, sostegno psicologico e accoglienza in ospedale.

"Oggi Salute Donna ha 28 sedi aperte in tutta Italia di cui 15 in Lombardia (una è a Monza, all’interno dell’oratorio di Cederna) – continua Mancuso –. E grazie al lavoro che circa 300 volontari svolgono quotidianamente nei reparti di oncologia e nelle nostre sezioni abbiamo costruito una rete di anime meravigliose, che testimoniano che la vita ha valore anche nella sofferenza. A Monza si svolgono circa 150 visite senologiche all’anno e a Vimercate oltre 200".

Negli anni l’associazione ha creato il gruppo parlamentare per la lotta contro il cancro, di cui fanno parte 46 associazioni (con Salute Donna come capofila) con 199 sedi in tutta Italia, che ha dato vita al progetto “La salute un bene da difendere“ che è riuscito a far approvare la normativa sull’oblìo oncologico, perché dopo alcuni anni dalla fine delle cure il cancro sia soltanto un brutto ricordo in un cassetto e non pesi sulle pratiche per le adozioni, sulla ricerca di un lavoro o sulla stipula di polizze assicurative. "Ma siamo ancora in attesa – continua Mancuso – dell’approvazione del disegno di legge per il follow up oncologico. Oggi il periodo per cui si mantiene il lavoro durante cure e controlli è di sei mesi, poi il datore di lavoro può dare il via al licenziamento. Abbiamo chiesto che venga protratto a due anni".