Ramazan e lo strazio del terremoto in Turchia "Ho tutta la mia famiglia sotto le tende"

Dal suo locale di kebab nel centro di Desio ha promosso una catena di solidarietà per la raccolta di aiuti che coinvolge i connazionali "Qui in città saremo una decina di famiglie e mio fratello ha un locale a Nova Milanese, abbiamo già inviato alimenti e vestiti"

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di Alessandro Crisafulli

"È crollato tutto, sono vivi per miracolo. Ma adesso dormono al gelo, mancano anche le tende...".

Ramazan Altunkapan sgrana gli occhi e sembra fissarli nel vuoto, quando gli parli della sua Turchia. Della sua famiglia.

Lascia gli attrezzi con i quali prepara il suo ottimo kebab, nel locale di via Garibaldi in centro a Desio, e sembra che le immagini di distruzione gli riempiano le pupille.

Di certo, gli spengono subito ogni accenno di sorriso, anche quello che riserva quotidianamente ai numerosi clienti.

"È terribile – racconta questo ragazzo di 36 anni, con un ottimo italiano – io al mio Paese ho mia mamma, i miei fratelli e le mie sorelle con le famiglie, i nonni, sono tutti lì. Non si sono feriti, solo dei graffi sul corpo, ma abbiamo perso tutto".

Tutti i parenti vivono nella zona di Pazarcick, proprio dove c’è stato l’epicentro del devastante terremoto che ha messo in ginocchio la Turchia, con oltre 40mila morti e danni incalcolabili.

"Qui era piena notte – ricorda Ramazan – ci siamo sentiti e mi hanno detto che stavano bene ma erano terrorizzati. Attorno a loro avevano solo distruzione e morte. Poi per un giorno non sono più riuscito a sentirli, perché era saltata la corrente, non c’erano più collegamenti".

Interminabili ore di angoscia quelle seguite alle terribili scosse, anche perché la terra ha continuato a tremare, senza tregua, "e continua anche adesso – dice il giovane straniero, che è in contatto quotidiano con i suoi famigliari – non possono stare tranquilli. Il problema maggiore adesso è la tenda, non ce ne sono abbastanza: di notte vanno cinque gradi sotto zero e di giorno ci sono soltanto un paio di gradi".

Un freddo pungente, in una situazione sconvolgente. Senza più nulla.

"I primi aiuti sono arrivati, il mangiare c’è, ma ricostruire sarà difficilissimo", dice, sconsolato. Da qui, a 3mila chilometri di distanza, non può fare molto. Ma per quel poco che può fare, lo sta facendo, coinvolgendo i connazionali che vivono a Desio e nei comuni limitrofi: "Qui a Desio saremo una decina di famiglie – dice –. Mio fratello ha un locale a Nova Milanese. Io ho raccolto da subito vestiti, alimenti, anche soldi, poi li ho portati alla moschea turca che c’è a Milano, vicino a San Donato, che è un centro di raccolta da dove poi vengono spediti gli aiuti". Ramazan Altunkapan si è mobilitato da subito ed è ancora pronto a capire come poter continuare ad aiutare il suo popolo, il suo Paese, la sua famiglia.

Insieme ai suoi connazionali che vivono qui e insieme a tutti i cittadini che vogliono dare il loro contributo, per soddisfare i bisogni primari dei tanti sfollati. E per, un giorno, poter ricostruire ciò che la natura, in pochi e drammatici secondi, ha demolito.

"Speriamo....", sospira, e torna dietro il bancone a rimboccarsi le maniche nel suo lavoro.