
Il prefetto di Monza Giovanna Vilasi (Radaelli)
Monza, 12 luglio 2017 - "Oggi ci hanno comunicato che arriveranno altre 16 persone, un numero facilmente gestibile. Il problema è quando ci troviamo davanti a emergenze come negli ultimi 15 giorni, quando in pochissimo tempo ne sono arrivati 100, poi altri 100 e ancora altri 40: ben 240 persone in due settimane".
La Prefetta di Monza e Brianza Giovanna Vilasi è tornata ieri a strigliare i sindaci. L’occasione, l’assemblea convocata in Provincia per fare il punto sull’emergenza. Ognuno deve fare la sua parte, dice la prefetta, e soprattutto, visti i numeri, ormai si rende indispensabile creare un terzo ‘hub’, da affiancare a quelli di Monza e di Agrate Brianza, dove accogliere i nuovi arrivati e svolgere le prime pratiche prima di distribuirli sul territorio. Sono 2.272 i profughi accolti finora in Brianza. Quando arrivano vengono accolti nell’ex asilo di via Spallanzani a Monza, città che oggi ospita 400 profughi (di cui un centinaio nell’hub), e nell’ex casa cantoniera di Agrate Brianza (240). Dopo i primi adempimenti, i richiedenti asilo passano nelle strutture comunitarie di Limbiate e Camparada, per poi essere dirottati negli alloggi secondo il modello di accoglienza diffusa (piccoli gruppi spalmati sul territorio) collaudato in Brianza.
Un modello che viene messo a dura prova dalla nuova emergenza. «Stiamo individuando delle ipotesi per il terzo hub, un luogo dove sia possibile anche allestire tende in caso di bisogno - continua la prefetta -. Verificheremo dopo avere fatto i sopralluoghi». Giovanna Vilasi lancia un nuovo appello ai sindaci: «Più lavoriamo per l’integrazione, più garantiamo sicurezza ai nostri cittadini. Le nostre cooperative operano molto bene e c’è un buon numero di sindaci che lavora veramente per l’integrazione e per un controllo reciproco, ma se per alcuni il sistema di accoglienza diffusa diventa un modo per scaricare i problemi sugli altri io non ci sto, perché alla fine i profughi arrivano lo stesso e io non ho la bacchetta magica». Un’emergenza che non sembra arrestarsi e che coinvolge anche decine di minori. Erano 51 a maggio i minori non accompagnati presi in carico direttamente dai Comuni. Sono quasi tutti giovani di 16-17 anni, mentre Bellusco ospita un neonato. Tanti i problemi, a partire da cosa accade a quanti si vedono respingere la domanda di riconoscimento dello status di rifugiati. L’iter dura più di un anno e la commissione esamina una decina di richieste al giorno. C’è una buona parte, circa il 60 per cento, di immigrati economici. Ciò significa che il 60 per cento delle richieste di protezione internazionale viene respinto. Chi non è riconosciuto può contare ancora su un permesso di soggiorno che può variare da tre mesi a un anno, e per non essere espulso ha solo due strade: trovare un lavoro o sparire.