
Alberto Rossi, sindaco di Seregno, è accusato dalla Procura di turbativa d’asta
Processo da spostare a Milano e no alle costituzioni di parte civile. Eccezioni preliminari presentate dalla difesa degli imputati su cui si pronuncerà questo pomeriggio la giudice del Tribunale di Monza, Valentina Schivo, al dibattimento per la presunta fusione sospetta fra Aeb e A2A. Alla sbarra per turbativa d’asta il sindaco di Seregno Alberto Rossi, l’assessore alle Partecipate del Comune di Seregno Giuseppe Borgonovo, il segretario generale del Comune di Seregno Alfredo Ricciardi, l’ex presidente del cda di Aeb spa Loredana Bracchitta, l’allora presidente di A2A Giovanni Valotti e Pierluigi Troncatti, quale partner di Roland Berger srl. Secondo i pm Salvatore Bellomo e Stefania Di Tullio l’aggregazione (ma i fatti contestati galoppano verso il colpo di spugna della prescrizione perché risalgono al 2019 e 2020) sarebbe stata realizzata "al solo fine di favorire la società A2A" con un danno per Aeb "non inferiore a 60 milioni" e con "l’omessa valorizzazione di un premio di maggioranza a favore di Aeb non inferiore a 5,7 milioni". L’operazione è stata amministrativamente bocciata fino in Cassazione perché occorreva una gara pubblica per la selezione del socio privato a opera di un’azienda a controllo pubblico e ora è in corso il procedimento davanti alla Corte dei Conti per il risarcimento del danno erariale. Rossi e Borgonovo sono accusati di avere "supinamente recepito tutte le indicazioni" fornite dai coimputati "intese a escludere la gara pubblica". Al processo si sono costituiti parti civili il Comune di Seregno (che di fatto procede contro se stesso), gli altri Comuni soci della multiutility (Limbiate, Varedo e Bovisio Masciago), il Gruppo Servizi Desio e i consiglieri lissonesi Antonio Erba, Marino Nava e Daniele Fossati. Contro la loro presenza hanno puntato il dito i difensori degli imputati, sostenendo che il Comune di Lissone ha inviato una diffida al risarcimento dei danni per cui verrebbe meno la giustificazione sulla presenza al suo posto dei consiglieri.
La difesa di parte civile ha invece ribattuto che una diffida non vale come una costituzione di parte civile. I legali degli imputati hanno poi ripresentato la richiesta di pronunciare l’incompetenza territoriale del procedimento penale, che dovrebbe andare a Milano perché la lettera di intenti che ha aperto la vicenda è maturata in territorio milanese. I pm ritengono invece che quella lettera non citi il luogo da cui è partita, quindi la competenza resterebbe Monza.
Stefania Totaro