
di Marco Galvani
"Le possibilità economiche qui non mancano. Perché sono convinto ci sia una borghesia illuminata che sente il bisogno di restituire alla città qualcosa. E allora è questo il momento di insistere, bisogna avere la pazienza e la lungimiranza di costruire una sorta di libro bianco e donarlo a chiunque sia chiamato ad amministrare la città perché ne tragga spunti interessanti".
Ruggero Montrasio, insieme alla sorella Francesca, è l’erede di una famiglia con l’arte nel Dna. La galleria di Monza è stata aperta da suo nonno Luigi nel 1939. Si interessava di autori dell’Ottocento come Angelo Morbelli, Giovanni Segantini, Mosè Bianchi, Silvestro Lega, Giovanni Fattori, Giovanni Boldini. Oggi, dopo oltre ottant’anni, si occupa di arte moderna e contemporanea.
Proponendo mostre, tra gli altri, di Mario Ballocco, Joseph Beuys, Christo, Lucio Fontana, Dennis Oppenheim, Angelo Savelli, Salvatore Scarpitta. E coltivando collaborazioni con musei e fondazioni nazionali e internazionali. Sempre ispirandosi a quell’etica del lavoro di "ascoltare le persone che ne sanno più di te e studiare, leggere, osservare, alimentare la curiosità, nutrire la propria passione ossessivamente".
E’ questo che fa la differenza. La passione che ti muove. E "noi, come singoli cittadini, dobbiamo riattivare il nostro senso di civismo a 360 gradi, trovare il modo di cooperare con le istituzioni. Sapendo che non sempre si trovano persone illuminate, ma si deve piantare una piccola pianticella e continuare ad innaffiarla".
Come è stato per la Biennale. "Parco e Villa Reale hanno un potenziale enorme, tuttavia – chiarisce Montrasio – un calendario di mostre ed eventi dev’essere articolato su un programma a 3-5 anni per attirare un certo interesse. Considerando che qui abbiamo un bacino di utenza invidiabile: oltre alla Brianza ci sono Como, la Svizzera, la stessa Milano. Ma senza mettersi in competizione. Pensando a qualcosa che sia alternativo". Sia chiaro, "non è cosa facile, ma coinvolgendo persone adeguate si possono ottenere risultati importanti. Se non facciamo nulla per mettere a valore questi tesori ci tiriamo la zappa sui piedi da soli".
Per questo "mi aspetto che chiunque vincerà le elezioni avrà un occhio di grande attenzione, perché è nell’interesse di tutti". A maggior ragione perché "la difficoltà ad accedere a un mercato globale ha fatto sì che si tornasse ad avere una attenzione al locale che avevamo un po’ perso".
Peraltro "ci sono cose incredibili che se venissero messe all’interno di un sistema potrebbero rappresentare un punto di attrazione fortissimo – sottolinea –. Ad esempio l’esperienza della scuola dell’Isia che è stata oggetto di mostre, di studi e un’eccellenza incredibile in anni in cui – gli anni Venti – le scuole così evolute da punto vista dell’insegnamento erano veramente poche. Nel mondo. Se uno pensa a come sono celebrate la Bauhaus o il Mountain College negli Stati Uniti, la scuola dell’Isia, con tutte le proporzioni del caso, non ha nulla da invidiare. Ci hanno insegnato Marino Marini, Arturo Martini, Marcello Nizzoli, Costantino Nivola: eccellenze che diamo per scontate, ma che così scontate non sono".
C’è una storia e ci sono delle realtà dei giorni nostri che andrebbero portate alla luce, "la nostra tipica riservatezza nel mostrare quello che abbiamo adesso dovrebbe venire un po’ meno per portare a galla chissà quanti altri interessi ed eccellenze". Tradotto: "Cercare solo di tenere la barca dritta è un po’ pochino in un posto che ha potenzialità economiche e artistiche invidiabili. Invece – il suggerimento di Montrasio – serve avere una faretra di manifestazioni la più ampia possibile, andare in più direzioni, costruendo però un sistema che interagisca. Altrimenti sono tutti episodi singoli, senza un legame".
Senza dimenticarsi che "occorre garantire un passaggio del testimone su progetti che danno valore alla città". E senza demonizzare il privato che entra nel bene pubblico. Certo, "in altre nazioni sono filantropi nella misura in cui da un punto di vista fiscale hanno dei vantaggi, ma - fermo restando che alcuni lo fanno perché ci credono fortissimamente - bisogna sapere che il privato ci deve guadagnare. E non è una sottrazione a qualcosa di pubblico, ma è il generare una sostenibilità di costi per rilasciare dei servizi. Su questo basterebbe solo un po’ più di trasparenza".
Ma non si può prescindere dalla programmazione a medio-lungo termine: "Ma devi partire adesso per averla per il prossimo anno se si vogliono avere mostre di un certo livello".
Costano? "Per questo ci sono gli sponsor. E comunque sono anche remunerative". A meno che non arrivino aiuti dallo Stato: "Oggi il problema è che le risorse vengono date a pioggia, mentre io sono per il ‘tanti soldi a pochi’, definendo bene dei distretti. Il festival del cinema è a Venezia, a Roma non lo fai coi soldi pubblici. Il salone dell’automobile è a Torino, non viene a Milano. A Milano c’è la moda, c’è il design e su questi distretti ti aiuto moltissimo. L’Italia vive di distretti, se noi li impoveriamo ci facciamo del male da soli. E qui partirei proprio dalla Villa e dal Parco. Cercando di recuperare la storia dell’Isia, alimentando un progetto di formazione specifico con tutte le imprese del territorio, alcune delle quali sono leader mondiali nei loro settori".