"Raga hanno ammazzato Cristian". E su Whatsapp gira la foto del morto

Monza, la chat consegnata ai carabinieri da un 17enne sentito in Assise . Gli amici dei baby killer sapevano che Gambino era il mandante

I due ragazzini di 14 e 15 anni autori del brutale omicidio di Cristian Sebastiano

I due ragazzini di 14 e 15 anni autori del brutale omicidio di Cristian Sebastiano

Monza - «Raga hanno ammazzato Cristian il tossico". E fanno girare sulla chat di Whatsapp la foto della vittima a terra morto a petto nudo dopo i tentativi di soccorso. L’inquietante circostanza è emersa ieri alla ripresa del processo davanti alla Corte di Assise di Monza per l’omicidio di Cristian Sebastiano, il 42enne colpito da una trentina di coltellate il 29 novembre 2020 sotto i portici delle case popolari del quartiere San Rocco da un 14enne e un 15enne a loro volta tossicodipendenti che gli hanno rapinato una dose di cocaina.

I baby killer sono già stati condannati a 14 anni di reclusione e nel processo di appello i giudici hanno disposto una perizia psichiatrica per verificare se l’abuso di droga dall’età di 12 anni li abbia resi incapaci di intendere e di volere. Ora alla sbarra c’è Giovanni Gambino, 43enne monzese vicino di casa e amico della vittima, dallo scorso aprile in carcere perchè per gli inquirenti ha istigato all’omicidio i due minorenni promettendo loro 2000 euro dei 3000 euro degli arretrati della pensione di invalidità che il 42enne aveva appena riscosso.

La chat del gruppo chiamato "Compa", dove si è scatenata una discussione sull’omicidio appena commesso tra tutti i componenti tra cui uno salvato come "figlio di p...", è stata consegnata ai carabinieri da un 17enne che abitava nello stesso quartiere e che ieri è stato sentito come testimone al processo. "Nella chat è emerso che uno dei miei amici aveva informazioni sull’omicidio e quando l’ho visto e gliel’ho chiesto, mi ha raccontato che era stato Gambino a mandare i due ragazzi ad uccidere Cristian e che lo sapeva perchè il 14enne aveva chiesto a lui se voleva accompagnarlo ma lui ha rifiutato", ha dichiarato il 17enne con cui la pm monzese Sara Mantovani e la presidente della Corte di Assise Letizia Brambilla hanno dovuto combattere contro una raffica di "non ricordo".

«Io abitavo a San Rocco e uscivo con tre fratelli, ma non ho mai conosciuto nè Cristian e nè i due minorenni che l’hanno ammazzato – ha ricostruito a fatica il 17enne – Quando sulla chat di Whatapp è uscito che alle Gescal avevano ammazzato un ragazzo, il mio amico ha scritto agli altri che commentavano di non parlare se non sapevano le cose. Quando ci siamo incontrati mi ha anche detto che c’era stato un litigio tra Cristian e Giovanni, ma non ricordo perchè. Per la droga? Suppongo". Altrettanto faticose le testimonianze di altri coetanei convocati al processo perchè a loro volta destinatari del convulso scambio di informazioni dopo l’omicidio di Cristian Sebastiano. Al limite della reticenza. Proprio il contrario dei ripetuti commenti sulla chat in cui facevano a gara a chi sapeva e giudicava meglio. Mentre al processo sono entrati in aula con il berretto calato in testa, scocciati quando è stato loro riferito che davanti ai giudici avrebbero dovuto toglierselo. "Si diceva che dopo l’omicidio a Cristian avevano preso una dose di cocaina, il portafogli pieno di soldi e il telefonino", ha azzardato un ragazzo.

«E’ difficile venire qui a spiegare bene le cose perchè la paura di tutti noi è che, se veramente Gambino ha mandato due a uccidere, potrebbe pure farlo un’altra volta",, un altro dei commenti. Dal canto suo, il difensore di Giovanni Gambino, l’avvocato Manuel Gabrielli, continua a ritenere che tutte queste indicazioni altro non siano che "voci di quartiere". L’imputato si è sempre proclamato innocente, ha ammesso di fare uso di sostanze stupefacenti e di conoscere Christian Sebastiano. Ma ha negato di avere alcun rancore o tantomeno crediti, di droga o altro, nei suoi confronti.