Pusher assassinato a San Rocco: il presunto mandante chiede di essere scarcerato

Christian Sebastiano fu ucciso da due minorenni. Ora l'uomo che è accusato di averli pagati per il delitto si rivolge al tribunale del Riesame

I baby killer ripresi dalle telecamere di sicurezza

I baby killer ripresi dalle telecamere di sicurezza

Monza - Il presunto mandante dell’omicidio del pusher a San Rocco ricorre ai giudici della libertà per l’annullamento dell’ordinanza che l’ha mandato in carcere. La richiesta è stata presentata dal difensore del 43enne Giovanni Gambino, l’avvocata Anna Zottoli, al Tribunale del Riesame di Milano, che nei prossimi giorni fisserà l’udienza per la discussione. "Lui non ha pagato minorenni per uccidere Christian Sebastiano. Sono solo voci di quartiere, riferite per sentito dire tra ragazzini", sostiene la legale, che mira a vedersi cancellare l’accusa di concorso in omicidio volontario e rapina aggravati che sono contestati a Gambino in quanto "concorrente morale, mandante, agevolatore, istigatore e rafforzatore" del proposito omicida.

Secondo l’accusa il 43enne ha promesso 2mila euro al baby killer 14enne per ammazzare il pusher 42enne delle case Gescal, raggiunto il 30 novembre scorso sotto casa da oltre 30 coltellate inferte dal 14enne insieme a un 15enne subito identificati e fermati dai carabinieri con l’accusa di omicidio volontario premeditato, rapina della cocaina che la vittima aveva con sé e porto abusivo di arma da taglio e che saranno processati a luglio dal Tribunale per i minori di Milano. Nell’ordinanza firmata dalla gip Cristina Di Censo su richiesta della pm Sara Mantovani, si fa riferimento alla testimonianza di una mamma del quartiere, che si è presentata dai carabinieri tre giorni dopo l’assassinio di Christian Sebastiano dicendo che i figli avevano saputo da un amico che il 14enne arrestato era stato contattato da Gambino per commettere l’omicidio in cambio di duemila euro e che tra Gambino e Sebastiano c’era stata una pesante lite per la cognata di Gambino.

Partendo da questa segnalazione i carabinieri avrebbero raccolto ulteriori elementi contro il presunto mandante convocando in caserma e in Procura diverse famiglie del quartiere per ricostruire i giri dello spaccio di droga. La richiesta di custodia cautelare in carcere è stata invece motivata con il pericolo che Gambino possa "inquinare le prove" e "reiterare il reato". Circostanze assolutamente senza fondamento, secondo la difesa del 43enne, considerato che gli inquirenti hanno avuto cinque mesi di tempo per chiudere il cerchio sulle indagini e che Gambino si dichiara estraneo all’omicidio.