
Annalisa Del Carro, mamma di Orion ed Erika Sboarina, mamma di Irene
Monza – Sono storie che intrecciano emozioni profonde, l’amore di mamme e papà, la professionalità e l’umanità di medici, ostetriche, infermieri e personale sanitario. E la vita di neonati che nascono fragili e leggeri. In uno speciale incontro organizzato all’Irccs San Gerardo, sono state tante le voci che hanno parlato di cosa significa l’esperienza di una nascita prematura, e della terapia intensiva neonatale. A iniziare dalle mamme. "Il mio Ruben è nato qui il 21 agosto, a circa 7 mesi e mezzo – racconta Floriana Fiori, mentre al grembo stringe il figlioletto –. È stato un percorso parecchio faticoso, per cui è stato davvero fondamentale il supporto di tutto il personale sanitario e dei volontari di Intensivamente insieme. Ho avuto incoraggiamento psicologico e supporto fisico". Il ricovero un mese prima del parto per un problema di ipertensione, poi "quando si è presentato il primo campanello d’allarme, perché gli esami del sangue non andavano bene, mi hanno consigliato il cesareo. È stata dura psicologicamente, perché sapevo che anche il bimbo poteva essere in pericolo".
"Il parto per fortuna è andato bene – prosegue –, anche se ho potuto rivedere mio figlio nella terapia intensiva solo dopo due giorni. Anche quel momento è stato difficile, vederlo attaccato a un respiratore per 9 giorni". Nella terapia intensiva neonatale si entra in una realtà che ha una dimensione tutta sua, fatta di tanto calore umano. "Ruben è stato 23 giorni nel reparto intensivo e la gioia più grande per me e il suo papà Mattia è stato poterlo tenere in braccio, per la marsupio terapia, grazie a cui, contatto pelle a pelle, il bimbo può sentire, con benefici fisici, il calore dei suoi genitori – aggiunge –. Una volta io e mio marito l’abbiamo tenuto 6 ore di seguito alternandoci. Adesso la situazione si è stabilizzata e sta bene. Deve fare i controlli di routine, ed entro due anni dovrebbe recuperare il gap che in genere hanno i nati prematuri in una fase iniziale di vita". Ancora oggi Floriana e Mattia vanno a trovare gli operatori della terapia intensiva neonatale e le ostetriche. "È rimasto tra noi un rapporto bellissimo – commentano entrambi –, le infermiere si fanno chiamare zie e loro per prime ci hanno chiamato mamma e papà".
È durato invece 26 settimane più 3 giorni (circa 6 mesi) il periodo di gravidanza di Erika Sboarina, prima di concepire la sua Irene, che adesso ha 8 anni. "Pesava 580 grammi la mia bimba – racconta – e quei 3 giorni di gestazione sono stati i più preziosi perché sono quelli in cui si lotta insieme per fare sviluppare al bambino la minima capacità polmonare. Era così piccola, con la pelle traslucida, finissima, in un groviglio di aghi, tubi, cannule. In un primo momento è stato uno choc – continua –, poi quando l’infermiera Giulia me l’ha messa in grembo, ho iniziato a parlarle per ore, raccontandole di tutto, da com’è il mondo fuori, a com’è buono il tiramisù della nonna". "Siamo state ricoverate insieme 3 mesi dopo il parto e una volta uscite avevo paura – dice emozionata –, ma per fortuna poi il percorso è andato bene". Dopo quella esperienza Erika è diventata volontaria di “Intensivamente insieme“ e ha potuto assistere a sua volta altre mamme, tra cui Annalisa Del Carro, che durante l’evento ha letto una lettera indirizzata al figlio Orion.
"Quando sei nato avevi 24 settimane e 4 giorni (meno di 6 mesi) – scrive la mamma al figlio –, eravamo in Italia in vacanza, vivendo a Londra, per curare la nonna e tu sei arrivato all’improvviso. Era un 50 e 50 la tua chance di farcela e ce l’hai fatta. Stavi in una mano e pesavi 700 grammi, con una maschera gigante che ti aiutava a respirare". "Poi hai dovuto subire degli interventi e ti è stata diagnosticata una forma di disabilità per cui da quando hai 3 anni devi usare la sedia rotella – prosegue –. È una cosa che mi spezza il cuore, ma tu non ti sei mai fatto troppi problemi. A 5 anni sei un motore di passione e un simbolo di perseveranza". Del resto non può non saperlo una mamma, che – come scriveva Pasolini – sa del cuore di un figlio "ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore".