Monza, a un anno dalla morte di Cristian, San Rocco si ritrova in piazza

Il consigliere e insegnante Piffer: "Serve un impegno di tutti per non rendere inutile questa tragedia"

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Monza - "Cristian non era un santo, nessuno di noi è un santo, ma nessun uomo, nessun ragazzo merita di essere accoltellato sotto casa, mai in un paese che si definisce civile. Quindi vi chiedo di impegnarvi, di spendervi, in tutti i modi che potete, per fare la differenza. Non serve essere dei medici, dei missionari, ma ognuno di noi può provare a dare il suo contributo, in ogni luogo possibile, sul territorio di San Rocco ma non solo, nelle associazioni, nelle cooperative, anche nella vita di tutti i giorni, per non rendere inutile tutto questo". Un anno fa, il 29 novembre 2020, il 42enne Cristian Sebastiano veniva ucciso da una trentina di coltellate sotto le case popolari del quartiere San Rocco da un 14enne e un 15enne monzesi che gli hanno rapinato una dose di cocaina. 

Per ricordarlo i parenti e gli amici, ma anche la gente del quartiere, si è ritrovata la sera del tragico anniversario in piazza San Rocco per ricordare Seba, come era soprannominato Cristian. Tra loro presente anche il consigliere comunale Paolo Piffer, psicologo, insegnante, vicino ai temi del sociale e ai problemi della città e dei suoi quartieri più fragili. I due baby killer di Cristian Sebastiano sono stati condannati dal Tribunale per i minorenni di Milano nel processo con il rito abbreviato per l’omicidio a 14 anni e 4 mesi di reclusione. 

E oggi si apre davanti alla Corte di Assise di Monza il processo per Giovanni Gambino, 43enne monzese dello stesso quartiere, dallo scorso aprile in carcere perchè per gli inquirenti ha istigato l’assassinio. Ma secondo Paolo Piffer non bisogna fermarsi a credere che la morte di Cristian sia un brutto fatto da dimenticare. "Non bisogna giudicare pensando che tanto io sono diverso da loro, io quegli errori non li farò mai, in fondo un po’ se l’è cercata - ha dichiarato - Bisogna provarci, io ci provo come insegnante ad aiutare i ragazzi, non senza frustrazioni perché chi ha avuto a che fare con la tossicodipendenza sa quanto è difficile uscire da questi problemi, soprattutto quando non ci sono risorse, quando un Sert non è in grado di seguirli con continuità, quando non ci sono comunità accessibili a tutti per provare a dare loro una seconda possibilità". Per il consigliere comunale "la politica ha il compito di presidiare ed agire su temi sensibili come quello della tossicodipendenza. Servono soldi, investimenti, una strategia, una visione comune per fare sì che episodi drammatici come questo che stiamo ricordando non succedano più". 

Lo stesso appello al recupero e alla prevenzione lanciato dal difensore del 14enne baby killer, l’avvocato Maurizio Bono, all’indomani della sentenza di condanna. "L’appello è al tessuto istituzionale e sociale e alla collettività perché ponga maggiore attenzione a quartieri come questi per non abbandonare a se stessi chi li abita, soprattutto i minori".