Monza - “Ho degli ordini, ti devo ammazzare, devi essere eliminato perché conosci degli infami”. E giù le coltellate. La prima allo stomaco, poi una bottigliata in testa tanto violenta da sfondare il vetro e far perdere i sensi alla vittima. Poi le altre coltellate, 12 in tutto, tutte sferrate in parti vitali. Un bagno di sangue, e l’ombra dei Latin King, una delle gang più famigerate e sanguinarie.
Ora la Procura di Monza ha chiuso l’inchiesta nei confronti di tre giovani ecuadoriani ritenuti responsabili del tentato omicidio di un coetaneo connazionale la sera del 20 giugno scorso nei pressi dei giardini pubblici del Nei, in via Enrico da Monza, da tempo diventato terra di nessuno e dove recentemente sono stati ritrovati dei bossoli. In carcere erano finiti un 22enne della provincia di Varese, un 21enne di Concorezzo e un 28enne di Monza, arrestati lo scorso luglio dagli uomini della Squadra Mobile della Questura di Monza e della Brianza, che hanno eseguito un’ordinanza cautelare del Tribunale di Monza e tuttora dietro le sbarre.
L’indagine è nata in seguito all’intervento, in codice rosso, delle ambulanze, chiamate a soccorrere in via Pesa del Lino un 25enne monzese, ricoverato per diversi giorni in ospedale. La vicenda è stata ricostruita attraverso l’analisi delle immagini delle telecamere della zona e le dichiarazioni dei testimoni. Dalle indagini sarebbe emerso che, nonostante nessuno dei giovani coinvolti risulti affiliato alle famigerate bande di latinos, il movente del tentato omicidio sarebbe la conoscenza da parte della vittima di un altro giovane appartenente a una gang rivale dei Latin King di Cologno Monzese, della quale i tre aggressori si sono detti esponenti. O almeno forse vorrebbero entrarci.
Uno dei Latin King potrebbe aver chiesto ai tre ecuadoriani protagonisti di sottoporre la vittima a uno dei ‘pestaggi punitivi’ tipici della pandilla. Ne sarebbe conferma la frase pronunciata dal terzetto. L’operazione di polizia ha consentito, oltre che di rintracciare e sottoporre alle misure cautelari i tre indagati, anche di sequestrare, nelle loro abitazioni, parte dell’abbigliamento da loro indossato il giorno del tentato omicidio. Ora gli indagati possono presentare memorie difensive o farsi interrogare.