La tomba del soldato di Macherio? Curata da una donna tedesca

Aldo Villa, deportato in un lager, è morto 80 anni fa. La famiglia ha recuperato le spoglie dopo lunghe peripezie

La sindaca di Macherio Mariarosa Redaelli ha raccontato la storia del ritrovamento

La sindaca di Macherio Mariarosa Redaelli ha raccontato la storia del ritrovamento

Macherio (Monza e Brianza), 10 febbraio 2023 - Per anni i familiari rimasti in Italia non hanno avuto nemmeno una tomba su cui porterlo ricordare. Sino a quando, alla fine degli anni Cinquanta, le notizie su una sepoltura nell’ex Ddr, sulla quale pareva di poter leggere proprio il suo nome, hanno riacceso le speranze.

Arrivarci non è stato però semplice, nell’Europa della Guerra Fredda, in un Paese diviso in due dal Muro di Berlino. Per farlo c’è voluto un complesso viaggio in treno oltre la cortina di ferro, e lì l’incontro con un’anziana di quel villaggio della Germania, che per oltre vent’anni si era presa cura della tomba di un giovane italiano sconosciuto. Fu l’inizio di una grande amicizia, culminata, nel giugno 1989, nella posa di una nuova lapide nel cimitero del Comune tedesco, a suggello della pace ritrovata tra due Paesi, uniti nel ricordo. È la toccante storia del macheriese Aldo Villa, riemersa, a 100 anni esatti dalla sua nascita e a 80 dalla drammatica morte, dai ricordi familiari per farsi memoria pubblica, con la sindaca Mariarosa Redaelli che ha deciso di ricostruire e raccontare tutta la vicenda. Quella del giovane macheriese, deportato e morto in un lager nazista, è diventata così la storia di un’amicizia, nata da una tragedia.

Aldo Villa era un giovane di vent’anni, che lavorava in fabbrica e amava lo sport, soprattutto il pugilato. Arruolato come soldato di leva, si trovò a fare i conti con le conseguenze dell’armistizio dell’8 settembre 1943: fu catturato dai tedeschi e caricato su un treno con destinazione Viernau, uno sperduto paesino della Turingia, in Germania, deportato per essere impiegato in un campo di lavoro. In quella terra di colline coperte di boschi e prati venne messo a lavorare duramente in una segheria. Lo fece, ufficialmente, fino alla notte del 31 dicembre di quello stesso anno, quando fu rinvenuto cadavere. Ucciso dagli stenti, dalle privazioni e dalla fatica. Fu sepolto in un cimitero vicino, senza cerimonie. Intanto a casa sua, a Macherio, nessuno sapeva nulla. Nessuna notizia era arrivata ai genitori, ai fratelli e alle sorelle. Sulla sua tomba, in Germania, però non mancava mai un fiore: molti anni dopo si sarebbe scoperto che Hulda Hanf, un’anziana di Viernau, aveva deciso di prendersi cura della sepoltura di quel ragazzo straniero, messo lì accanto a suoi cari e che avrebbe potuto essere suo figlio.

In Italia le ricerche di notizie da parte del fratello maggiore di Aldo, Luigi, sono continuate anche dopo la fine della guerra, pure attraverso la Croce Rossa, ma senza esito. Nonostante ciò, la famiglia non si arrese mai, affrontando le difficoltà legate alla Guerra Fredda e alla divisione in due della Germania. Poi, quasi per caso, a fine anni ‘50, i parenti vennero a sapere della tomba di un soldato italiano in quel luogo dell’allora Germania Est: sulla piccola lapide sembrava di poter leggere proprio il nome Aldo Villa. Iniziarono i contatti, tra mille complicazioni, culminati in un viaggio in treno al di là della cortina di ferro nel 1967. Grazie al pastore protestante della chiesa locale, Luigi Villa riuscì a incontrare Hulda Hanf, Kate e Johannes Waldow, che per oltre vent’anni si erano presi cura della tomba di suo fratello Aldo, per loro un giovane, sconosciuto italiano. L’enorme commozione di quel momento diventò la base rocciosa di una lunga amicizia. Segnata anche dalla posa, nel giugno ‘89, cinque mesi prima della caduta del Muro di Berlino, di una nuova lapide sulla tomba di Villa, con il Comune di Viernau che decise di ospitare la cerimonia. "Un segno di pace tra due comunità unite per sempre nel ricordo – sottolinea la sindaca Mariarosa Redaelli, che ha scelto di raccontare la vicenda e riaccenderne la memoria –. Perché ricordare non vuol dire odiare altri popoli, ma significa riconciliarsi nel comune rifiuto di guerre e massacri. A cent’anni dalla nascita di Aldo Villa e 80 anni dopo la sua morte questo profondo legame viene tenuto vivo da figli e nipoti di quella generazione che scelse di non odiare".