DARIO CRIPPA
Cronaca

L’ultimo selfie dell’assassino. L’urlo di dolore dello zio:: "Era fuggita da Lima per le botte"

Le ore drammatiche del femminicidio, l’agguato al casolare, le mani strette attorno al collo: "Si è scattato una foto col cellulare di Geraldine". Il figlio: "Papà cosa hai fatto alla mamma?".

Le ore drammatiche del femminicidio, l’agguato al casolare, le mani strette attorno al collo: "Si è scattato una foto col cellulare di Geraldine". Il figlio: "Papà cosa hai fatto alla mamma?".

Le ore drammatiche del femminicidio, l’agguato al casolare, le mani strette attorno al collo: "Si è scattato una foto col cellulare di Geraldine". Il figlio: "Papà cosa hai fatto alla mamma?".

La firma dell’assassino sul cellulare della sua vittima. La mostra lo zio: una fotografia, un selfie scattato verosimilmente nelle ore del delitto, al buio, utilizzando il telefono dell’ex compagna. Su cui ha aggiunto la scritta in spagnolo: "Veradero Amor". "Vero amore".

Trema Andrés Sanchez Nuñez mentre tenta di raccontare sottovoce la tragedia di sua nipote Geraldine. Trema di emozione e di rabbia. Geraldine era una brava ragazza, la conosceva da sempre e aveva accolto a braccia aperte lei e i suoi due figli quando erano fuggiti dal Perù.

"Lui – ed è l’unico frangente in cui la sua voce si indurisce – l’aveva sempre perseguitata. Era violento, la picchiava, la maltrattava".

Per questo a un certo punto "sua madre - mia sorella - l’aveva convinta a fare i bagagli e fuggire in Italia". A Macherio, in via Roma 3. Un posto tranquillo, dove Geraldine era venuta a vivere dieci mesi fa. "Faceva ogni lavoro possibile per i suoi figli, la badante, ma anche le pulizie. Anche l’altra sera doveva rientrare dal lavoro, i suoi figli la attendevano a casa quando è accaduto…". La voce incespica. Andrés ricorda: "Lui non si era mai rassegnato e circa sei mesi fa era ricomparso. Era furbo, aveva sfruttato il fatto che ci fossero qui i suoi figli per il permesso di soggiorno. Voleva riallacciare con mia nipote". Lo pretendeva ma lei, sfuggita alle sue violenze, non lo aveva accettato. Mercoledì sera, la trappola in via Visconti di Modrone.

Lui, Alexander Vilcherres Quilla, 33 anni, ha atteso che Geraldine si avviasse verso casa. In Italia viveva di espedienti, accampato nella zona dell’ex caserma dei carabinieri. Aveva già accumulato diverse denunce per furto di alcolici nei supermercati, aveva litigato più volte con la sua ex ma ci si era fermati a una denuncia per molestie. Quando mancavano quattrocento metri all’abitazione in via Roma, Alexander è balzato fuori dal suo nascondiglio ed è riuscito a trascinarla in quella vecchia stalla accanto all’ex caserma dei carabinieri. Un manufatto in stato di abbandono da oltre trent’anni. Sterpi, vecchie lattine, un paio di tappeti di gomma lisi. Una zona isolata lontana dalle abitazioni. Buia.

Geraldine è stata trascinata sotto il porticato delle stalle, lo stemma dei Visconti ancora visibile sull’antica muratura a mattoni rossi. E qui ha stretto le sue mani attorno al collo della giovane.

"Quando i figli non l’hanno vista tornare hanno chiamato preoccupati la nonna e la zia, poi sono andati a cercarla". Che ci fosse qualcosa che non tornava era chiaro. Il figlio maggiore aveva telefonato alla mamma, ma a rispondergli all’altro capo del telefono era stata la voce del padre. Troppo strano, visti i rapporti più che difficili che correvano in famiglia. "Cosa ci fai lì? Perché rispondi al telefono della mamma? Cosa le hai fatto?", le domande senza risposta.

La nonna era subito andata a casa dei nipotini ed erano partite le ricerche ma non c’era già più nulla da fare.

I carabinieri della Compagnia di Monza, allertati, arrivano con i lampeggianti accesi, l’idea è si offrire una scappatoia alla donna qualora si senta in pericolo.

Il figlio maggiore è il primo ad arrivare nel casolare e ad affrontare il papà: "Cosa hai fatto alla mamma?" urla preoccupato e insieme disperato. Alexander Vilcherres Quilla fugge in strada, ma i carabinieri lo agguantano. Dentro il casolare, il corpo di Geraldine è a terra. Senza vita. Inutile il massaggio cardiaco a cui viene sottoposta. Alle 23.10 circa è ormai chiaro che le cose sono finite. Nel modo peggiore.