L’ultima impresa di Massimo, il super sportivo

Dopo una carriera costellata di successi in palestra e come osteopata, Messina per i 50 anni ha deciso di cimentarsi di nuovo con l’Iron Man

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di Andrea Ronchi

Siciliano d’origine ma nato a Monza Massimo Messina si può definire un brianzolo doc. Il padre, infatti, aprì un negozio di parrucchiere, tuttora esistente in via Carlo Alberto, dove il piccolo Massimo chiedeva i segreti del calcio ai giocatori di Monza e Torino, clienti abituali. Proprio grazie al padre e al fratello, entrambi calciatori, si avvicinò al pallone facendo tutte le trafile nelle giovanili del Monza.

"Lo sport e l’agonismo sono sempre stati la mia passione al punto che terminata ragioneria mi iscrissi a Scienze Motorie, il vecchio Isef".

Sono gli anni dell’abbandono del calcio per l’approdo alla ginnastica aerobica competitiva (recentemente diventata disciplina olimpica) dove, grazie alla mentalità agonistica e alla sua elasticità, conquista 10 titoli italiani, il campionato europeo e quello del mondo.

"Le vittorie mi hanno dato morale ma non ho mai abbandonato lo studio perché ritengo la conoscenza basilare. Ho sempre seguito le mie passioni cercando di raggiungere l’obiettivo successivo". Dopo la prima laurea si iscrive alla massoterapia, completando il ciclo di studi in 3 anni e osteopatia (6 anni). Anche in ambito sportivo, avendo vinto tutto, cambia avvicinandosi al triathlon partendo dallo sprint e arrivando all’Iron Man. "Mi dividevo tra allenamento, studio e lavoro". Anche lavoro? "Sì, mettendo a frutto le conoscenze come preparatore e osteopata dirigevo alcune palestre".

Approda nel mondo del golf, dove arriva a seguire una decina di atleti internazionali, tra i quali Matteo Manassero, ma proprio l’osteopatia gli apre le porte dell’Albereta dove segue sia la parte sportiva che medicale. "Un giorno ho ricevuto una telefonata dall’Azerbaijan scoprendo che un cliente al quale avevo fatto un trattamento mi voleva nel suo staff. Si trattava del responsabile della nazionale di Canoa e Kayak". La collaborazione porta due medaglie ai giochi Olimpici di Rio in casa Azerbaijan: un argento nel C1 200 metri con Valentin Demyanenko e un bronzo nel K1 200 metri con Inna Osypenko. Un grande impegno. "Passavo 10 giorni al mese in Azerbaijan, due settimane in giro per il mondo seguendo gli atleti dell’European e PGA Tour di golf e il resto in Albareta. Essendo sempre in viaggio ho dovuto sacrificare le competizioni ma anche dedicare pochissimo tempo alla famiglia".

Dopo una dozzina di anni in giro per il mondo, e la laurea come nutrizionista, decide di fermarsi e oggi dirige un laboratorio in una grande azienda dove i dipendenti, tra i benefits, possono avere, oltre alla normale palestra, il servizio a 360° che comprende nutrizione, preparazione atletica, osteopatia e massoterapia. Ma non è tutto. Per i 50 anni Messina ha deciso di regalarsi un’altra partecipazione all’Iron Man, il 1516 giugno in Austria. Ha seguito sport molto differenti, ma ha trovato dei tratti comuni a tutti... "Sì, direi la mentalità e la forza di volontà. Spesso parlo di Iron Man abbinandolo al golf, discipline che sembrano così lontane. Nelle gare di endurance tutti sono preparati, si rischia la vita. L’aspetto però più importante è la testa, spesso infatti molti atleti più preparati fisicamente non finiscono la gara. Nel golf puoi trovarti in vantaggio di molti colpi e poi veder sfuggire la vittoria. Anche in questo caso non parliamo di preparazione fisica bensì mentale".

Il golf è una disciplina che si divide fra sport e gioco. "Quando sono approdato al golf venivo da sport molto più duri fisicamente. Ho iniziato a studiare e applicare la ricerca legata allo screening, la prevenzione e le teorie di preparazione fisica. In quel momento lo facevano Tiger Woods e pochi altri. Oggi se prendiamo un qualsiasi giocatore del Tour e un decatleta mettendoli in slip a fianco non sono distinguibili. Penso che il talento nel golf abbia ancora un ruolo prevalente rispetto alla semplice preparazione ma oramai i giocatori sono tutti atleti preparatissimi". Da uomo di sport e che ha studiato, Massimo Mssina ha un consiglio per gli adolescenti. "Ho insegnato educazione fisica e, avendo girato molto, mi sono imbattuto anche nella scuola all’estero. La cultura italiana è diversa da quella fuori dai confini. Prendiamo i Paesi Nordici... lì i ragazzi sono dei robot, preparati fisicamente e con una disciplina e organizzazione scolastica che consente di seguire questo regime. Purtroppo, o per fortuna, l’Italia non è così. Aspetto fondamentale è il messaggio trasmesso dalla famiglia che deve spingere e spronare a fare tanti sport in età puberale e adolescenziale. Internet o i social stanno remando a sfavore della “sportivizzazione” e una spinta dalla famiglia è necessaria. Non sto parlando di pretendere che i figli diventino campioni, per quello serve la fame. Chi arriva spesso vede nello sport non solo una salvezza economica bensì di vita. Semplicemente trascorrere tempo con i propri figli coinvolgendoli e magari condividendo le proprie passioni".

La Brianza offre molte possibilità in questo senso… "È una sorta di isola felice. Il golf, per esempio, annovera cinque percorsi di primissimo livello. Ma non solo. Domenica mattina è impossibile non incrociare ciclisti o persone che corrono. La natura, e il Parco Reale ne è un esempio, viene valorizzata e vissuta appieno. Certo, si può fare ancora di più. Io stesso vorrei fare qualcosa con le forze dell’ordine che si prodigano per difenderci ma non sempre hanno spazi e strutture per allenarsi, ma anche per il sociale aiutando a cementare una cultura di salute e sport nella scuola e nella società".