Le “Aquile randagie“. Dalla lotta al fascismo al doposcuola popolare

I primi cinque reparti attivi in città fin dal 1921

Riviste storiche, fotografie e poi 700 titoli di libri, più quaderni, opuscoli, lettere e poi locandine, manifesti e persino calendari.

È una mole di centinaia di reperti quelli che si trovano nel Centro documentazione sullo scoutismo a Monza, avviato nel 2019 dagli scout senior, aderenti al Masci (Movimento adulti scout italiani) che documentano 100 anni di scoutismo a Monza e in Brianza.

È intitolato a Filippo e Alberto Bolognini e diretto da Giustino Pasciuti, già direttore della Biblioteca di Monza. Si trova in un’ala della biblioteca del Carrobiolo, dei Padri Barnabiti, patrocinato dall’Ente educativo Baden, il nome di battaglia di Monsignor Andrea Ghetti, cofondatore delle “Aquile randagie“. Infatti dal 1928 al 1945, il regime fascista aveva sciolto il movimento degli scout. Ma il gruppo delle “Aquile randagie“ di Monza e Milano rifiuta di deporre i simboli, tenendo vivo lo scoutismo in clandestinità. Vive campi invernali sulle montagne di Colico e della Valcodera, dove organizza uscite e feste su per i monti delle Prealpi lombarde. Non solo. Allo scoppiare della guerra 1940-45 molti scout prestano servizio militare. Dopo l’8 settembre 1943, le Aquile randagie fondano il gruppo Oscar (Organizzazione scout collocamento assistenza ricercati) a cui oltre duemila prigionieri evasi, ebrei, partigiani devono asilo, protezione e anche la vita, per cui Oscar ha subito a sua volta perdite, arresti e deportazioni. Si riuniscono nei luoghi più improbabili, dal pollaio di via Cavallotti, alla cantina delle case popolari di San Gerardo, alla baracca di legno nel cortile di via Borghetto. Documenti e foto riportano a ragazzi adolescenti o poco più che ventenni che dal 1943 al 45, attraversando le montagne di Colico davano assistenza ai fuggiaschi, fino al confine con la Svizzera. Ancora gli scout sono protagonisti nel 1945 delle attività di soccorso nelle ore della rivolta. Storie e personaggi ricompaiono attraverso lettere sbiadite che ci riportano al 1912, quando nasce il Corpo nazionale dei Giovani esploratori italiani, da cui poi prendono forma, a Monza, ben 5 reparti scout dal 1921, ritratti in una foto d’epoca: volti d’altri tempi con i caratteristici calzoncini corti e fazzoletto a strisce verdi e blu, usati ancora oggi. E poi capi portabandiera con il vessillo dei gruppi. Nel 1928 il terzo Reparto scout San Giovanni Battista Monza viene sciolto per decreto. Negli anni ‘60 lo scoutismo diventa ancora parte attiva della vita sociale. Negli anni ‘70 ripulisce le rive del Lambro e si prende cura del Parco. Si apre un gruppo nel Collegio Artigianelli e poi il doposcuola popolare negli anni ‘80. "In un momento in cui tutto sembrava messo in discussione – scrivono Sergio Forneris e Luca Sorteni, curatori del libro sullo scoutismo monzese – anche la scelta tradizionale di tenere separati gruppi maschili e femminili viene rivista a vantaggio della coeducazione, da metà anni ‘70".

Oggi lo scoutismo in Brianza conta una quindicina di gruppi locali con quasi duemila bambini, ragazzi e giovani aderenti e 150 educatori e centinaia di adulti, ex ragazzi scout, che preservano la memoria. "Vorremmo che questa storia non venisse dimenticata – auspica Sandro Poli, magister del Masci di Monza che conta una quarantina di iscritti – per questo abbiamo raccolto il materiale personale di scout, eredi e familiari che riportano di campi e i diari di bordo. Teniamo i documenti cartacei e li stiamo catalogando sul web, perché tutti possano sapere cosa abbiamo a disposizione e venire a consultare i documenti. Stiamo coordinandoci con gli altri centri documentazione lombardi per metterci in rete. Abbiamo chiesto alla Sovrintendenza il riconoscimento come biblioteca privata di interesse pubblico, per poter entrare nel sistema bibliotecario regionale".