L’alpino eroe che salvò 15 ostaggi Nel diario ritrovato il suo testamento

Il tenente Giovanni Battista Todeschini si consegnò alla morte per evitare l’uccisione di altri partigiani

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PREMANA (Lecco)

di Daniele De Salvo

Si è consegnato alle Brigate nere per salvare la vita a tre partigiani come lui e poi ad almeno altri 15 ostaggi che altrimenti sarebbero stati passati per le armi. Una scelta che, come era consapevole, ha pagato con le torture, l’internamento nel lager di Mauthausen e la morte l’11 aprile 1945, all’età di 29 anni. È una sorta di "Salvo D’Acquisto della Valsassina" il tenente Giovanni Battista Todeschini, originario di Premana, che però invece che la divisa da carabiniere indossava la penna nera degli alpini.

Durante un rastrellamento alla vigilia di Natale 1944 ai Forni sopra Premana, gli squadristi hanno trovato suoi tre diari, anzi suoi tre quaderni del "Libro nero Ribelli", come li chiamava lui stesso. Qui aveva annotato tutto: luoghi dei rifugi, mappa dei sentieri, nomi e cognomi dei compagni e dei fiancheggiatori, conti, appunti... costati subito la cattura sia ad altri partigiani, sia di inermi rastrellati come ostaggi, tra cui giovani e anziani. Proprio per evitare che venissero uccisi, pochi giorni dopo si è consegnato ai fascisti.

"Nella lotta si può morire, gli uomini passano, la causa vive eterna, come l’Italia, quella nostra, della libertà", è il testamento che ha lasciato nel suo quaderno numero 4 del "Libro nero Ribelli", l’unico che i nazifascisti non sono riusciti a scovare. Quella quarta parte di diario, affidata alla sorella Lina prima dell’internamento e tramandata come una reliquia al nipote Gian Battista Sanelli, è stata ora pubblicata integralmente ed è diventata un libro, “il Quarto libro nero Ribelli“ appunto, curato dal vicepresidente dell’Anpi della Valsassina, Bruno Giuseppe Amanti, custode della memoria dei tanti che in Valle sono stati deportati per aver deciso di stare dalla parte giusta, con Gabriele Fontana, Massimo Lazzari e Wilma Milani.

Dopo aver combattuto durante la Seconda guerra mondiale sul fronte francese, quello greco-ablanese, di nuovo al fronte occidentale, in seguito all’armistizio dell’8 settembre 1943 Todeschini è stato tra i primi ad aderire al Comitato di azione clandestina di Lecco e poi, una volta costituito, al movimento della Resistenza, di cui è stato un esponente di primo piano. Prima il carcere a Bellano, poi a Como, San Vittore nel bracco delle SS, le sevizie per costringerlo a parlare a cui non ha mai ceduto, il campo di smistamento di Bolzano, infine Mauthausen, da cui non è mai più tornato, con il numero 126533 marchiato sul braccio.