
È una guerra senza quartiere quella contro la violenza di genere. Può capitare a insegnanti, professioniste, operaie e impiegate. L’età media è di 45 anni, ma approdano ai centri antiviolenza sempre più ragazze tra i 23 e i 25 anni e donne over 70. Il 30% ha un titolo di scuola superiore e il 26% è laureata. Le donne accolte provengono per la gran parte dalla Provincia di Monza e Brianza ed in particolare dagli ambiti di Monza (38%), Carate Brianza (21%) e Vimercate (20%). Ne parla Marilena Arena, presidente del Cadom (Centro aiuto donne maltrattate di Monza, che fa parte della rete antiviolenza Artemide). "L’aumento delle segnalazioni da parte delle ragazze – dice – è indice di maggiore maturità e consapevolezza; quanto alle donne in età avanzata, significa che hanno una storia di maltrattamenti protratti da decenni". Dal complesso dei 235 contatti avuti nel 2022 dal Cadom di Monza, 144 donne sono state accolte, 70 hanno iniziato un percorso di uscita dalla violenza e 74 hanno proseguito un percorso iniziato in anni precedenti. Nei primi dieci mesi del 2023 è stata superata la soglia delle 150 donne accolte. L’accoglienza ha assorbito 4.054 ore di volontariato. "Arrivano a noi storie tutte diverse nelle circostanze – racconta la presidente – ma accomunate dal senso di confusione e soprattutto di colpa per non aver saputo troncare in tempo una relazione tossica. Le donne raccontano di percosse subite, ma ancora di più di violenze psicologiche. Non vali niente, non sei capace di fare niente, è lo stillicidio che logora l’anima, solo perché le donne hanno lavori precari e part time che non permettono l’autonomia. Anche il reddito di libertà non è sufficiente e non c’è per tutte. Potere economico e mentalità patriarcale sono terreno fertile per la violenza. Siamo arrivate ad alcune sentenze in cui finalmente il giudice, anche a Monza, ha riconosciuto la violenza psicologica, di solito difficile da dimostrare". All’accoglienza due operatrici formate con percorsi da 120 ore tra tirocinio e aula ricevono storie di abusi e reiterati, difficili da accogliere da sole. Ecco perché le operatrici si supportano a vicenda, offrendo una serie di strumenti di ascolto, sostegno, colloqui fino all’accompagnamento alla rete istituzionale Artemide per accedere ad eventuale ospitalità. Una linea telefonica è sempre attiva. Il colloquio con l’operatrice è uno spazio protetto, anonimo, senza vincoli di tempo, dentro al quale la donna può portare la sua storia, certa che non verrà giudicata né spinta in esperienze che non vuole affrontare.