MONICA
Cronaca

La villa borghese trasformata in condominio

Monica

Guzzi

La storia si ripete.

A poco più di un secolo di distanza Monza assiste attonita a una seconda fuga dalla Villa Reale. Molto più precipitosa quella del 1900, quando la regina Margherita e l’erede al trono Vittorio Emanuele chiusero in fretta e furia la dimora estiva dopo l’uccisione di Umberto I, lanciando la maledizione sulla reggia (al punto che, passando in treno da Monza, i Savoia avrebbero abbassato persino le tendine) e dando di fatto il via alla dispersione degli arredi, finiti nei decenni successivi nelle sedi di rappresentanza del Paese, dalle ambasciate al Quirinale.

Più meditata la fuga di questi giorni dalla villa borghese, non più patrimonio della Corona, ma di un consorzio che raggruppa i proprietari a vario titolo dei muri: Comuni, Regione, Demanio dello Stato. Consorzio che ha vissuto sotto lo stesso tetto con il restauratore-gestore del corpo più prestigioso, quello centrale, il quale a sua volta ha amministrato questi spazi come un condominio. Dal piano terra al Belvedere, in pochi anni sono passati dalla Villa inquilini prestigiosi come la Triennale d’Arte, le Cucine della Villa Reale di Marcello Forti prima e il bistrot della famiglia stellata Cerea poi, l’associazione Cultura Domani per le mostre e Vision Plus per gli eventi. Rapporti col gestore che in diversi casi si sono conclusi sbattendo la porta.

Forse la maledizione dei Savoia aleggia ancora sulla Villa, forse semplicemente la soluzione trovata fin dall’inizio, sei anni fa, con la formula della gestione pubblico-privato, è partita fra gli equivoci. Questa volta però gli arredi non andranno al Quirinale, ma in un anonimo deposito dell’hinterland.